Ancora sulla contabilizzazione indiretta
Forse occorre superare i “dogmi” della norma UNI EN 834
1. Premessa
Il presente articolo si aggiunge ed integra, con nuove informazioni, i seguenti articoli già pubblicati e reperibili su questo blog:
- Incertezze strumentali nella contabilizzazione del calore con metodi indiretti - I parte (Bozzini, Caon, Lombardi, Sacchi, Soma) - CDA - FEB 1990.
- Incertezze strumentali nella contabilizzazione del calore con metodi indiretti - II parte (Lombardi, Sacchi, Chierotti, Soma) - CDA - SET 1990.
- La contabilizzazione del calore (F. Soma) - Progetto 2000 n. 42 - GIU 2012.
- Gli interventi per il miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici (F. Soma) - Progetto 2000 n. 42 - GIU 2012.
- La contabilizzazione conforme alla norma UNI EN 834 risponde ai requisiti della Direttiva 2012/27/UE? (L. Socal e F. Soma) - Progetto 2000 n. 48 - GIU 2015.
- Errori frequenti nella contabilizzazione indiretta e diretta del calore (F. Soma) - Progetto 2000 n. 49 - DIC 2015.
2. Chiarimenti
Per meglio comprendere i termini utilizzati vale la pena di chiarire il loro significato o, meglio, il significato normalmente attribuito ai due sistemi di contabilizzazione.
La contabilizzazione eseguita tramite i contatori di calore conformi alla norma UNI EN 1435 è chiamata “diretta” (1) perché effettua misure direttamente sul fluido termovettore per determinarne l’entalpia all’ingresso ed all’uscita di un circuito. La differenza di entalpia fra l’ingresso e l’uscita rappresenta quindi il calore ceduto dal circuito.
La contabilizzazione eseguita tramite i cosiddetti ripartitori, conformi alla norma UNI EN 834, è chiamata invece “contabilizzazione indiretta”.
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Questi dispositivi misurano in realtà solo due temperature: la temperatura media del corpo scaldante e la temperatura dell’ambiente riscaldato. Questi due parametri, nota la potenza nominale del corpo scaldante (o comunque la potenza riferita alla differenza di temperatura di 60 °C), consentono di risalire alla potenza istantanea del corpo scaldante che, integrata nel tempo, corrisponde all’energia erogata dal corpo scaldante nello stesso periodo di tempo (vedi figura n. 1).
Fig. n. 1: L’emissione Q è una funzione di Δt = tm - ta
La misura è quindi indiretta, perché non è misurata direttamente la quantità di calore emessa dal corpo scaldante, ma la stessa è individuata attraverso il rilievo delle condizioni di funzionamento del corpo scaldante di cui è noto il comportamento e la potenza di riferimento.
NOTA (1). Si tratta di una terminologia entrata nell’uso corrente, perché, di fatto, nemmeno il contatore di calore misura “direttamente” il calore. Esso misura, infatti, due temperature e la portata del fluido termovettore; attraverso questi parametri il dispositivo calcola la quantità di calore ceduta dal circuito.
3. Risultati delle prove riassunte negli articoli di cui ai punti 1 e 2 della Premessa
E’ doveroso premettere un ringraziamento al prof. Alfredo Sacchi che ha messo a disposizione la camera di prova dei corpi scaldanti del Politecnico di Torino e le sue competenze, per oltre un anno, per studiare i ripartitori di calore conformi alla norma UNI EN 834.
Le prove sono state rese necessarie dall’assoluta carenza di informazioni da parte delle case costruttrici, come pure della norma UNI EN 834 (vedi Premessa, articolo elencato al n. 5).
I risultati, descritti più dettagliatamente negli articoli elencati ai n. 1 e 2 della Premessa, si possono così riassumere:
- a. i ripartitori a due sensori consentono misure più precise e vanno senza dubbio preferiti;
- b. l’altezza di montaggio che rileva la temperatura media del corpo scaldante non è quella indicata dal costruttore come dice la norma UNI EN 834, ma circa il 60% dell’altezza del corpo scaldante;
- c. la preregolazione con sonda esterna della temperatura di mandata del fluido termovettore ad una temperatura che consenta la regolazione finale alla valvola termostatica riduce l’incertezza di misura ed è quindi raccomandata;
- d. alle condizioni specificate, “il ripartitore può diventare misuratore con incertezza <± 5% nel normale campo di esercizio dell’impianto di riscaldamento (paragonabile a quella dei contatori diretti)”;
- e. il valore dell’unità di ripartizione (scatto) per i modelli sottoposti a prova è molto prossimo a 1,2 kWh/UR.
Per raggiungere questi risultati occorre evitare gli errori illustrati nell’articolo elencato al n. 6 della Premessa.
E’ inoltre buona norma, come consigliato nello stesso articolo, verificare il valore energetico dell’unità di ripartizione, che dovrebbe conservarsi costante nei vari anni.
Noi lo abbiamo fatto, per due edifici, con i seguenti risultati.
Edificio n. 1 - quattro piani - Magenta (MI)
Applicando la norma UNI 10200 ( kinv pari a 0,22) si ricavano i seguenti dati:
Fig. n. 2: Peso energetico UR con Kinv UNI (0,22)
Fig. n. 3: Energia dispersa in funzione dell’energia prodotta
Trattandosi di ripartitori dello stesso tipo di quelli provati in camera di prova, accuratamente programmati con il kC fornito dal costruttore e con il kQ certificato, ci saremmo aspettati un valore energetico di 1,2 kWh/UR invece di un valore medio di 1,33 kWh/UR.
Proviamo allora a trattare il ripartitore come un contatore diretto, adottando per l’unità di ripartizione un peso di 1,2 kWh/UR, operazione eretica secondo la norma UNI EN 834, ma assolutamente affidabile secondo le accurate prove di cui agli articoli elencati ai punti 1 e 2 della Premessa.
Fig. n. 4: Kinv in funzione dell’energia misurata tramite UR (1,2 kWh/UR)
Fig. n. 5: Energia dispersa in funzione dell’energia prodotta
In questo caso, il valore medio di kinv risulta pari a 0,29, in luogo di 0,22 (valore fornito dalla norma UNI 10200). La differenza non è irrilevante, ma la conseguenza non è poi così grave per l’equità della ripartizione perché riduce il consumo volontario, aumentando invece il consumo involontario.
Allo stato attuale della normativa ed in assenza di ulteriori specifiche del produttore dei ripartitori il calcolo valido è il primo; il secondo calcolo può costituire una verifica di qualità, mediante verifica globale della coerenza dei dati.
Se si tiene conto, tuttavia, delle prove eseguite sui ripartitori (vedi articoli elencati ai punti n. 1 e 2 della Premessa), che hanno confermato un peso di 1,2 kWh/UR si può senza dubbio ritenere più affidabile il secondo calcolo, che utilizza il ripartitore come contatore diretto.
Le differenze riscontrate ci hanno però indotto ad un supplemento di indagine dalla quale sono emerse le seguenti particolarità:
- è stato accertato che, almeno la metà della distribuzione orizzontale avviene sotto il pavimento della cantina con tubi non isolati posati nel terreno (la perdita d’acqua di una tubazione ed i conseguenti lavori di riparazione hanno consentito di accertare quanto sopra), il che giustifica un maggior valore di kinv(2);
- le modeste variazioni di kinv nel corso degli anni (in aumento o diminuzione) possono derivare da variazioni dello stato di occupazione (per esempio assenza prolungata per vacanze invernali, alloggi temporaneamente sfitti, ecc.);
- la progressiva riduzione dell’energia erogata è dovuta anche ad opere di isolamento termico di vario tipo realizzate nei vari anni. Si noti come la riduzione del fabbisogno, comunque realizzato, riduca anche le perdite complessive, a vantaggio di tutti i condomini.
Nota (2). La tabella approssimata dei kinv della UNI 10200 fornisce dati indicativi e non può certo tenere conto di particolarità quale quella accertata.
Edificio n. 2 - quattro piani - Carcare (SV)
Applicando la norma UNI 10200 ( kinv pari a 0,25) si ricavano i seguenti dati:
Fig. n. 6: Peso energetico UR con Kinv = 0,25
Fig. n. 7: Energia dispersa in funzione dell’energia prodotta
Anche in questo caso, ci saremmo aspettati, se tutte le ipotesi adottate fossero corrette, un peso dello scatto pari a 1,2 KWh/UR, mentre, nella realtà, il peso risulta pari a 1,5 kWh/UR, con una differenza di +25% rispetto al valore atteso.
Proviamo allora a trattare di nuovo il ripartitore come un contatore diretto, adottando per l’unità di ripartizione un peso di 1,2 kWh/UR, operazione eretica secondo la UNI EN 834, come già detto, ma in linea con il risultato delle prove. Ne conseguono i seguenti dati:
Fig. n. 8: Kinv in funzione dell’energia misurata tramite UR (1,2 kWh/UR)
Fig. n. 9: Energia dispersa in funzione dell’energia prodotta
Anche in questo caso, il calcolo che utilizza la valorizzazione dell’unità di ripartizione sembra senza dubbio più affidabile e consente di calcolare la spesa energetica involontaria in modo più preciso.
Abbiamo quindi disposto un ulteriore supplemento di indagine, che ha fatto emergere le seguenti particolarità:
- la distribuzione orizzontale corre a soffitto del piano cantinato ed è priva di isolamento termico.
Durante i lavori di riqualificazione, avvenuti circa 20 anni fa, si è rinunciato all’isolamento della distribuzione orizzontale perché corrente entro cantine private, spesso piene fino al soffitto di materiali di ogni genere ivi depositati. Questa particolarità non basta però a giustificare un kinv pari a 0,4; - la distribuzione verticale corre nelle intercapedini delle pareti, costituite da muratura così composta:
Con questo tipo di muratura di tamponamento l’intercapedine è più fredda rispetto alla tipologia più utilizzata:
In questo secondo caso la temperatura T dell’intercapedine è maggiore della temperatura T1 di cui al caso precedente: T > T1.
La tabella dei kinv della norma UNI 10200, proprio perché indicativa, non discrimina le due situazioni suddette e questo può spiegare, insieme alle tubazioni non isolate correnti a soffitto del piano cantinato, un valore così elevato di dispersione.
Anche in questo caso, come, se pure in misura minore, nell’edificio n. 1, le conseguenze non sono molto gravi perché vi è solo uno spostamento fra spesa volontaria e spesa involontaria (la spesa totale non cambia). Per un tecnico però la cosa disturba: perché fare un errore quando lo si può evitare?
4. Considerazioni finali
I casi riportati, se pure in numero limitato, hanno consentito di individuare situazioni non sufficientemente supportate dalla normativa, che va pertanto integrata e migliorata.
L’approfondimento è stato però possibile grazie alle prove molto accurate eseguite nella camera di prova dei corpi scaldanti del Politecnico di Torino, rese necessarie dalla assoluta mancanza di supporto da parte dei produttori di ripartitori.
Le prove sono state eseguite circa 20 anni orsono ed i risultati sono stati pubblicati: è possibile che in tutto il tempo trascorso nessun produttore abbia sentito il bisogno di approfondire questa materia?
Quale può essere la ragione, se non quella di nascondere le magagne; meglio non sapere, così tutto è perfetto.
Noi riteniamo invece che questa verifica sia doverosa, quale controllo globale di coerenza, da effettuarsi alla fine di ogni stagione o, almeno alla fine della prima stagione. La verifica non richiede ulteriori dati, oltre a quelli già utilizzati per la ripartizione delle spese.
Ma come si fa se il produttore non rilascia il coefficiente di proporzionalità del suo ripartitore? (nei casi esaminati 1,2 kWh/UR).
A nostro avviso sarà meglio scegliere un’altra marca che fornisca questo dato.
In ogni caso la verifica è opportuna per evitare le notevoli responsabilità che possono gravare sul progettista e sull’installatore nel caso emergessero in seguito errori rilevanti.