Contabilizzazione indiretta
PREMESSA
La contabilizzazione del calore e le relative norme tecniche e regolamentari, hanno patito numerose vicissitudini, tali da far perdere il senso e le motivazioni degli avvenimenti. Le notizie di seguito fornite hanno lo scopo di ricordare le ragioni di ogni fatto, per una migliore comprensione della situazione attuale che, purtroppo, non brilla per chiarezza e nemmeno per utilità.
I DAL CAOS ALL’ORDINE E ALLA COERENZA
Da oltre cinquant’anni collaboriamo con gli enti normativi; non ricordo da quanto tempo nel settore della contabilizzazione del calore ma, certo, non meno di trent’anni.
Superati gli anni del “furto di calore”, della “temperatura goduta”, dei “coefficienti correttivi” ed altre fantasie, l’orientamento europeo, ad iniziare dalla direttiva “SAVE” del 1993, come pure quello nazionale (Legge 10/91 e Codice Civile) hanno puntato decisamente sulla misura del consumo energetico effettivo delle singole unità immobiliari, quale parametro fondamentale per la ripartizione delle spese di riscaldamento nel condominio.
Anche la certificazione energetica, che riporta la prestazione energetica della singola unità immobiliare, è stata istituita allo scopo di incidere sul mercato immobiliare al fine di valorizzare le abitazioni meno energivore, a danno invece di quelle che lo sono in misura maggiore.
Questa coerenza è stata accolta favorevolmente dagli operatori del settore. Le norme: UNI 10200 del settembre 1993, aggiornata dalla UNI 10200 del marzo 2002 ed ancora dalla UNI 10200 del marzo 2005, sufficientemente in linea con i principi sopra enunciati, se pure ancora lacunose, hanno contribuito alla diffusione della contabilizzazione in Italia.
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II DUBBI SULLA IDONEITÀ DEI RIPARTITORI
Nel frattempo però alcune componenti del mercato degli utilizzatori sostenevano, in vari convegni, che la contabilizzazione indiretta non fosse utilizzabile in Italia. La legge italiana (DPR 02.04.09 n. 59 - Art. 4 - comma 11) consentiva infatti “un errore di misura massimo del 5%, con riferimento alle norme UNI in vigore”, che non poteva essere garantito dai ripartitori, i quali non erano fatti per misurare energia.
Abbiamo ritenuto che la disposizione di legge fosse applicabile solo alla contabilizzazione diretta, proprio perché era l’unica per cui si potesse parlare di misura, sulla cui incertezza il progettista poteva incidere. L’obiezione aveva però qualche fondamento: se i ripartitori non misurano energia come è possibile individuare il consumo delle singole unità immobiliari per l’applicazione dei principi giuridici chiaramente affermati dalla legislazione vigente?
Nella convinzione, tuttavia, che i ripartitori non potessero essere esclusi dal mercato, senza limitare fortemente la possibilità di contabilizzare, data la numerosa presenza di impianti a colonne montanti in Italia, si ritenne che la soluzione fosse da individuare in una integrazione della normativa nazionale tale per cui la ripartizione delle spese di riscaldamento fatta con la contabilizzazione indiretta producesse lo stesso risultato di quella fatta con la contabilizzazione diretta.
La norma UNI CTI 10200:2005 è stata posta in revisione proprio per ottenere questo risultato, necessario per poter affermare con sufficiente sicurezza l’idoneità della contabilizzazione indiretta ad essere utilizzata per la contabilizzazione del calore in conformità con la legislazione italiana.
Allo scopo si veda e si mediti sulla definizione contenuta nel D.Lgs. 4 luglio 2014 n. 102 all’art. 2, punto 2, lettera nn): “sistema di contabilizzazione: sistema tecnico che consente la misurazione dell’energia termica o frigorifera fornita alle singole unità immobiliari (utenze) servite da un impianto termico centralizzato o da teleriscaldamento o tele raffreddamento, ai fini della proporzionale suddivisione delle relative spese.”
III LA NORMA UNI 10200-2013
Vedi anche: “Errori frequenti nella contabilizzazione indiretta e diretta del calore” - Progetto 2000 n. 49 - Dicembre 2015
Rispetto alla norma UNI 10200-2005 la nuova edizione del 2013 è stata integrata con disposizioni in grado di rendere le indicazioni dei dispositivi ripartitori conformi alla UNI EN 834 (unità di ripartizione) direttamente proporzionali al consumo energetico dell’unità immobiliare, in modo da rispondere ai requisiti di legge nazionali.
Questa caratteristica è esplicitata nella seguente affermazione di principio riportata al punto 11 - Procedura di ripartizione della spesa - della norma UNI 10200-2013:
“I risultati della ripartizione delle spese, se ottenuti con dispositivi che non sono in grado di misurare l’energia effettivamente assorbita dalle singole unità immobiliari, ma forniscono un certo numero di unità di ripartizione o scatti (contabilizzazione indiretta), non devono differire in modo significativo da quelli che potrebbero essere ottenuti con contatori di calore (contabilizzazione diretta).”
Ciò significa, per esempio, che, in presenza di un impianto a collettori complanari, non basta tenere conto della potenza del corpo scaldante, ma anche di quella dei tubi di collegamento, che costituiscono dei veri e propri pannelli radianti, dei quali il contatore diretto terrebbe conto; in ogni caso si tratta di calore erogato all’unità immobiliare.
Purtroppo, l’edizione 2013, piuttosto corposa, data anche l’urgenza manifestata dal mercato, è stata pubblicata con alcuni errori gravi sfuggiti ai controlli. Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri d’accordo con il Consiglio Nazionale dei Periti Industriali, ha prontamente presentato un foglio di “errata corrige”, condiviso dal Comitato Tecnico TC 271, che però l’UNI non ha ritenuto di pubblicare, preferendo mettere in revisione l’intera norma.
IV DECRETO LEGISLATIVO 04.07.2014 n. 102
Vedi anche: “La Contabilizzazione conforme alla norma UNI EN 834 risponde ai requisiti della direttiva 2012/27/UE?" - Progetto 2000 n. 48 - Giugno 2015
Nel luglio 2014 è stato pubblicato il D.Lgs. 102 “Attuazione della Direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica” che, all’art. 9 - comma 5 - lettera d), recita:
“... per la corretta suddivisione delle spese connesse al consumo di calore per il riscaldamento degli appartamenti e delle aree comuni ... l’importo complessivo deve essere suddiviso in relazione agli effettivi prelievi volontari di energia termica utile e ai costi generali per la manutenzione dell’impianto, secondo quanto previsto dalla norma UNI 10200 e successivi aggiornamenti.”
In diversi punti, inoltre, il D.Lgs. richiede trasparenza nei confronti dell’utente e chiarezza nell’esposizione dei consumi, argomenti per i quali la norma UNI 10200-2013 ha prestato la massima attenzione, precorrendo i contenuti del decreto.
Il suo uso obbligatorio prescritto dal D.Lgs. 102/2014 ha costituito, di fatto, un importante riconoscimento del lavoro svolto con diligenza dal gruppo di lavoro 803 del CTI (ora TC 271), accolto con soddisfazione da tutti coloro che avevano trovato in tale norma, quale regola dell’arte, una guida importante per il proprio lavoro.
V LE CONTESTAZIONI DEI CONTENUTI DELLA NORMA UNI 10200-2013
E' parso pertanto sorprendente che proprio un gruppo di costruttori di ripartitori conformi alla norma UNI EN 834, ossia i più diretti beneficiari delle integrazioni alla norma UNI 10200-2005, in concomitanza con l’uscita del D.Lgs. 102/2014, abbiano contestato la norma UNI 10200-2013 per “presunto contrasto” con la norma UNI EN 834.
Le contestazioni riguardavano in particolare l’esigenza di programmare i ripartitori, ritenuta necessaria secondo norma per una migliore trasparenza del dato nei confronti dell’utente e la validità del metodo dimensionale per la determinazione della potenza dei corpi scaldanti.
Va subito chiarito che la norma UNI EN 834 è una norma di prodotto, che fissa quindi, come tale, se pure in modo piuttosto approssimativo, i requisiti di questi prodotti, mentre la norma UNI 10200, persegue scopi ben diversi: stabilisce e descrive le regole per la ripartizione delle spese di riscaldamento e produzione di ACS, nel rispetto dei vincoli dettati dalla legislazione vigente ed in particolare del Codice Civile, della Legge 10/91 e del D.Lgs. 102/2014.
Sembra evidente che la contabilizzazione secondo la norma UNI EN 834, senza le integrazioni contenute nella norma UNI 10200-2013 (potenze affidabili per corpi scaldanti di vecchia data, contributi delle tubazioni, in particolare negli impianti a collettori e monotubo, ecc.), non sia in grado di rispondere ai vincoli della legislazione vigente.
Va inoltre chiarito che la norma UNI 10200-2013 non è mai in contrasto con la norma UNI EN 834, di cui rispetta ed utilizza i prodotti e di cui condivide le finalità ed i concetti fondamentali. Le aggiunte costituiscono infatti solo le integrazioni necessarie per rendere la ripartizione effettuata con questi prodotti conforme alla legislazione italiana. L’integrazione non è un contrasto, quando, come in questo caso, si rispettano rigorosamente i principi.
VI LA VALIDAZIONE DEL METODO DIMENSIONALE
Vedi anche: “Il Metodo dimensionale per determinare la potenza termica dei corpi scaldanti - per chi non lo ha ancora capito” - Progetto 2000 n. 52 - Giugno 2017
I produttori che contestavano il metodo dimensionale hanno ottenuto, nonostante il parere contrario di parte del TC 271, di procedere alla sua validazione. L’operazione è stata condotta da una Commissione di Validazione appositamente nominata dal CTI, che ha prodotto il suo rapporto in data 03.03.2016.
Non ho condiviso la metodologia utilizzata, ma la conclusione della Commissione è risultata certamente punitiva per coloro che l’avevano richiesta. E’ stato infatti validato il metodo dimensionale della norme UNI 10200, per i casi in cui lo stesso è applicabile, come previsto dalla UNI 10200, mentre non sono stati validati i dati di catalogo in possesso dei costruttori: “Up to now the only method submitted to validation is the dimensional method defined by UNI 10200. The Commission is aware that additional methods and data catalogues are employed in other countries, as reported in annex 1, but up to now it has not been possible to proceed to their validation since sufficient information or procedures have not been submitted.”
(“Fino ad oggi l’unico metodo sottoposto a validazione è il metodo dimensionale definito dalla UNI 10200. La Commissione è consapevole del fatto che metodi aggiuntivi e cataloghi di dati sono impiegati in altri paesi, come riportato nell’allegato 1, ma finora non è stato possibile procedere alla loro validazione poiché non sono state presentate sufficienti informazioni o procedure.”).
E più avanti:
“The commission underlines that this is possible only in absence of experimental data obtained, following the subsequent hierarchy, by:
- tests compliant to EN 442;
- tests compliant to national standards issued before EN 442 came into force;
- tests qualified by Thecnical/Scientific Bodies.”
(“La commissione sottolinea che ciò è possibile solo in assenza di dati sperimentali ottenuti seguendo la seguente gerarchia, da: - prove conformi alla EN 442;
- prove conformi alle norme nazionali emanate prima che EN 442 entrasse in vigore;
- prove qualificate da organismi tecnici / scientifici.“).
E’ opportuno precisare che il metodo dimensionale descritto nella norma UNI 10200 è basato su centinaia di prove sperimentali eseguite dall’E.CO.MA.R secondo la norma UNI 6514-1969 con incertezza di misura garantita inferiore al 1%. Si tratta infatti di valori medi e interpolazioni fra tipologie uniformi di prodotti.
Ne consegue che, per i corpi scaldanti per i quali il metodo dimensionale non è applicabile, solo un certificato di prova può garantire l’utente, tenendo presente che l’errore sulla valorizzazione del corpo scaldante si ripercuote interamente sull’errore di ripartizione della spesa. Se si tiene presente che, negli anni ’70, sono stati riscontrati valori di catalogo con aumenti anche del 70-80% e oltre (aumento massimo rilevato: +140%) rispetto ai valori di prova, si comprende come gli utenti possano essere garantiti solo da un attestato di potenza secondo la norma UNI 10200, firmato da un tecnico abilitato, o da un certificato di prova del modello specifico come sopra indicato, ma mai da una dichiarazione autoreferenziale.
VII LA NORMA UNI 10200-2015
Mentre la discussione era in atto nella Commissione Tecnica competente (CT 271) l’UNI, a sorpresa, senza nemmeno acquisire il parere della Commissione, ha pubblicato la norma UNI 10200-2015. In tale ultima versione l’UNI, dando credito al “presunto contrasto” con la norma UNI EN 834, ha cancellato alcune frasi ai fini di eliminare l’obbligo di programmazione dei ripartitori e di escludere tale scopo dall’ambito di applicazione del metodo dimensionale.
Le ferme proteste della maggior parte dei componenti del TC 271, perché non ne condividevano i motivi e per i tempi inaccettabili che la revisione avrebbe richiesto, non hanno sortito alcun effetto. La norma oggi vigente è proprio la UNI 10200-2015, nonostante i gravi errori contenuti e le lacune che la rendono inidonea ad assolvere ai requisiti di legge.
Ma il peggio deve ancora venire.
VIII IL DECRETO LEGISLATIVO 18 luglio 2016 n. 141: DI MALE IN PEGGIO
Vedi anche: “I Guasti del D.Lgs. 141/2016 - ovvero quando si seguono i cattivi consigli” - Progetto 2000 n. 51 - Dicembre 2016
Questo decreto, emanato per rispondere alle richieste di una procedura di infrazione della Commissione Europea per incompleto recepimento della Direttiva 2012/27/UE, è stato utilizzato per intervenire anche sull’art. 9, comma 5, lettere c) e d) del D.Lgs. 4 luglio 2014, n. 102, nonostante che, nella nutrita serie di lacune contestate dalla Commissione Europea, non figurasse alcuna richiesta riguardante il citato articolo 9, che, quindi, avrebbe dovuto (o potuto) rimanere com’era.
In particolare l’ultimo capoverso dell’art. 9, comma 5 lettera c) “… secondo quanto previsto dalle norme tecniche vigenti, salvo che l’installazione di tali sistemi risulti essere non efficiente in termini di costi con riferimento alla metodologia indicata nella norma UNI EN 15459.”
Ed ancora la seguente frase aggiunta all’art. 9, comma 5, lettera d): “Ove tale norma (la UNI 10200 n.d.r.) non sia applicabile o laddove siano comprovate, tramite apposita relazione tecnica asseverata, differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti il condominio o l’edificio polifunzionale superiori al 50 per cento, è possibile suddividere l’importo complessivo tra gli utenti finali attribuendo una quota di almeno il 70 per cento agli effettivi prelievi volontari di energia termica. In tal caso gli importi rimanenti possono essere ripartiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate”, già ampiamente criticata nell’articolo citato all’inizio del capoverso che, rivalutata a distanza di un anno, ha effettivamente avuto gli effetti dirompenti che erano stati ipotizzati: si tratta di un vero e proprio concentrato di incoerenze e contraddizioni.
Proviamo ad elencarne alcune.
Relativamente al comma c):
- “... secondo quanto previsto dalle norme tecniche vigenti...“ Questa disposizione è corretta perché solo con il rispetto della norma UNI 10200 la contabilizzazione indiretta fornisce indicazioni proporzionali ai consumi delle unità immobiliari, ma è in contraddizione con l’articolo successivo che, in determinate condizioni che si verificano quasi sempre, consente un metodo alternativo alla norma UNI 10200.
- “... la metodologia indicata nella norma UNI EN 15459...” Questa indicazione è priva di significato reale, perché la metodologia fornisce risultati totalmente dipendenti dai parametri relativi al costo ed alle prestazioni del sistema. In mancanza di questi parametri si è subito sviluppato un fiorente mercato di “perizie di non convenienza economica”. Con poche migliaia di euro, grazie alla leggerezza del legislatore ed a quella di tecnici compiacenti e fantasiosi, si può evitare di installare l’impianto di regolazione e contabilizzazione del calore. Va rilevato il rischio cui si sottopongono questi tecnici compiacenti: ove l’ente di controllo non condivida le loro motivazioni, potrebbe erogare le sanzioni nei confronti dei singoli condomini che, a loro volta, potrebbero rivalersi sul tecnico.
Di fatto, in seguito a questa scappatoia, il mercato della contabilizzazione si è enormemente contratto e non perché gli edifici siano stati tutti contabilizzati.
Vediamo di fornire qualche elemento in grado di chiarire meglio il problema. I due parametri fondamentali, che il legislatore doveva precisare, sono il risparmio, attribuibile alla regolazione e contabilizzazione, ed i suoi costi.
1) Risparmio.
Il risparmio consentito dalla regolazione e contabilizzazione del calore dipende dal comportamento degli utenti e pertanto non può che essere stabilito su base convenzionale in relazione ai valori medi acquisiti con l’esperienza. Ai tempi della legge 308/1982, ai fini dell’applicazione dell’art. 8, l’ENEA aveva fornito alle Regioni programmi di valutazione della convenienza economica in cui il risparmio attribuito alla termoregolazione e contabilizzazione era convenzionalmente stabilito nel 20%.
Il dato è stato più avanti confermato, dalle norme di calcolo della prestazione energetica degli edifici, che hanno attribuito quel 20% per metà al miglioramento del rendimento di regolazione (effetto termoregolazione) e per metà ad un uso più parsimonioso dell’impianto (effetto contabilizzazione vero e proprio).
2) Costi di regolazione e contabilizzazione.
Negli ultimi tempi abbiamo assistito ad una strana richiesta da parte di alcune amministrazioni: quella di alzare i costi delle offerte delle apparecchiature al fine di dimostrarne la non convenienza economica.
Va allora precisato che i costi da utilizzare nell’analisi economica devono essere i minimi di mercato. Non si può pensare di scegliere prodotti di lusso per essere esentati dall’obbligo.
Ma la sola analisi economica non può fornire una risposta esauriente ad un problema obiettivamente complesso.
E’ pertanto necessario considerare altri fattori.
- a) Emissioni in ambiente.
Il calcolo economico tiene conto della sola convenienza del condominio, ma non di quella della comunità: la mancata realizzazione dell’impianto di contabilizzazione, se pure conveniente per il condominio, continua a provocare emissioni inquinanti, superiori del 20% di quelle ottenibili con la realizzazione dell’impianto. - b) La comodità di regolare la temperatura degli ambienti secondo i propri bisogni. Il calcolo di convenienza economica non tiene in alcun conto il vantaggio di poter regolare la temperatura secondo i propri bisogni (in funzione dell’attività fisica o dello stato di salute).
- c) Lo stato dell’impianto (bilanciamento, esigenze di isolamento termico). Il calcolo di convenienza economica non tiene in alcun conto lo stato dell’impianto.
La regolazione è l’intervento preliminare ad ogni opera di risparmio energetico. Senza una regolazione automatica che adegui l’emissione di calore alle nuove dispersioni di calore derivanti, per esempio, da opere di isolamento termico, applicazione di doppi vetri, coibentazioni parziali, ecc., il risparmio è in gran parte vanificato.
La non convenienza economica deve quindi essere corredata da una relazione tecnica di verifica che assicuri il corretto bilanciamento dell’impianto e che dichiari che non sono previsti interventi atti a modificare le dispersioni di calore dei vari ambienti.
In altri termini, occorre comprendere che la regolazione e contabilizzazione del calore sono caratteristiche fondamentali per il corretto funzionamento ed utilizzo dell’impianto. Queste opere non possono quindi essere subordinate alla sola convenienza economica perché questo equivarrebbe ad autorizzare il funzionamento di impianti privi di regolazione e completamente sbilanciati (con un pessimo rendimento di regolazione e senza verifica degli altri rendimenti), con aggravio del consumo energetico e con grave deterioramento del benessere degli utenti. - d) Limitazione di un diritto reale.
La non convenienza economica non può decidere da sola di non dar corso all’installazione dell’impianto di regolazione e contabilizzazione. Poiché la regolazione automatica della temperatura di ogni singolo ambiente costituisce una grossa comodità per gli utenti, occorrerà in ogni caso, pure alla luce dei dati economici, una verifica delle maggioranze. Se la maggioranza desidera comunque procedere, ne ha sicuramente il diritto. Nessuno può vietare l’acquisto di un comodo divano, anche in assenza di risparmio energetico.
relativamente al comma d):
- ”... ove tale norma non sia applicabile ...” La norma è sempre applicabile in tutti i casi in cui è applicabile la contabilizzazione del calore.
- “... laddove siano comprovate differenze ...” Lo scopo della contabilizzazione del calore, come pure quello della certificazione energetica degli edifici, chiaramente recepito dalla legislazione vigente, è proprio quello di evidenziare queste differenze, al fine di valorizzare gli alloggi meno energivori; se si volevano evitare differenze nella ripartizione dei costi, bastava non obbligare a ripartire la spesa in base ai consumi effettivi, ma la scelta non è stata questa.
E’ stata invece scelta esplicitamente proprio la ripartizione proporzionale ai consumi effettivi. E’ vero che in questo modo alcuni condomini vedono aumentare la loro spesa di riscaldamento, ma questo è dovuto al fatto che, in precedenza, parte dei loro consumi era pagata da altri utenti che consumavano meno. - “... è possibile suddividere l’importo complessivo fra gli utenti finali attribuendo una quota di almeno il 70 per cento agli effettivi prelievi volontari di energia termica. In tal caso gli importi rimanenti possono essere ripartiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadrati o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate.”
Questa alternativa all’applicazione della norma UNI 10200, così come espressa, è quanto di peggio si potesse inventare. Vediamone i motivi.
- a) ...attribuendo una quota di almeno il 70 per cento agli effettivi prelievi volontari ... Ciò significa che l’assemblea dei condomini deve sostituirsi ai contatori di calore per individuare l’entità dei consumi volontari fra il 70 ed il 100, senza disporre di alcun riferimento, perché i consumi volontari potrebbero essere anche nettamente inferiori al 70 per cento (vedi per esempio case per vacanze, ma non solo).
- b) Si dimentica infatti che i ripartitori non misurano i consumi dei diversi appartamenti e che, se non si applica la norma UNI 10200, le unità di ripartizione non sono nemmeno proporzionali ai consumi degli appartamenti stessi. Come si concilia tutto questo con la definizione di contabilizzazione contenuta nello stesso decreto legislativo?
- c) Il criterio alternativo sembra utilizzabile solo per le spese di riscaldamento. Ciò significa che per l’acqua calda sanitaria va applicata la norma UNI 10200. Oppure il criterio alternativo va applicato alla somma delle spese di riscaldamento più ACS? Ciò equivarrebbe a non contabilizzare nemmeno l’acqua calda e l’esperienza insegna che, in tal caso, i consumi potrebbero andare alle stelle, in netto contrasto con le esigenze di risparmio energetico. Sarebbe doverosa una precisazione.
- d) Il criterio alternativo vale, in quanto non escluso, anche in caso di contabilizzazione diretta.
L’assurdità è più che evidente: l’Assemblea dovrebbe decidere il consumo volontario entro le percentuali indicate, quando i contatori di calore potrebbero indicare percentuali esterne al campo indicato dal decreto.
Come si vede queste disposizioni sono in netto contrasto con la Legge 10/91, con la Direttiva Europea, con il Codice Civile e con la definizione di “sistema di contabilizzazione” dello stesso decreto. Si tratta tuttavia di una legge, che soltanto il giudice, la Corte Costituzionale o la Commissione Europea possono disapplicare o cassare.
Se si considera questo disordine legislativo, che la norma UNI 10200 vigente (edizione 2015) è quella sbagliata e che la sua revisione non è ancora conclusa per la “ferma opposizione” di alcuni produttori di ripartitori, ci si chiede come sia stata realizzata la contabilizzazione del calore in questi ultimi anni.
La situazione sembra infatti suggerire: in questo contesto di mancanza di certezze ognuno faccia quello che vuole, o meglio, “ognuno sbagli come può”.
E’ possibile risolvere i problemi sopra esposti?
E’ certamente possibile, anzi necessario, risolvere tutti i problemi esposti. Le soluzioni potrebbero essere le seguenti.
1. Rapida approvazione della norma UNI 10200 rev, nella versione approvata dalla maggioranza dei membri del TC 271 (Documento n. 027100176 del 15.06.17), che rappresenta la proposta più evoluta di norma UNI 10200,senza cedere alla “ferma opposizione” di alcuni produttori, non condivisa dalla maggioranza. Si tratta solo di avere più riguardi per la legislazione italiana rispetto ad una norma europea con la quale non vi è alcun contrasto, ma solo integrazione.
Il documento suddetto supera tutti i problemi della 10200-2005, corregge gli errori contenuti nella UNI 10200-2013 e 2015, prevede la programmazione dei ripartitori programmabili garantendo all’utente letture proporzionali ai consumi e, soprattutto, risolve il problema delle abitazioni poco utilizzate, per le quali la spesa involontaria non potrebbe, diversamente, essere determinata.
Si fa presente che questo problema si è notevolmente aggravato negli ultimi anni perché alle abitazioni utilizzate solo saltuariamente (case per vacanze e similari) si sono aggiunte le abitazioni sempre abitate, ma che fanno largo uso di stufe a pellets o di pompe di calore reversibili, per una parte della stagione, producendo effetti analoghi alla mancata occupazione (maggiore incidenza percentuale della spesa involontaria rispetto a quella volontaria).
Vedi anche: “Ancora sulla contabilizzazione indiretta” - Progetto 2000 n. 50 - Giugno 2016
2. Modifica del comma 5, lettere c) e d) dell’art. 9 del D.Lgs. 102/2014 come riportato in tabella
IX LA VALORIZZAZIONE DELL'UNITA' DI RIPARTIZIONE
Vedi anche: “Incertezze strumentali nella contabilizzazione del calore con metodi indiretti” - G. Bozzini, S. Caon, C. Lombardi, A. Sacchi, F. Soma - CDA - Febbraio e Novembre 2000
Un punto essenziale della norma UNI 10200 rev. non ancora approvata è la soluzione del problema delle case ad occupazione molto bassa attraverso la valorizzazione dell’unità di ripartizione. Non è stato individuato nessun altro sistema perché i ripartitori non forniscono le indicazioni necessarie per la soluzione del problema.
Questa soluzione solleva però la “ferma opposizione” di alcuni produttori. E allora dobbiamo chiederci: non esiste alcuna proporzionalità fra le unità di ripartizione ed il calore erogato all’unità immobiliare? E allora dobbiamo necessariamente bandirli, oppure esiste questa proporzionalità? e allora vorremmo conoscere quale sia questo fattore. Dagli anni 90 poniamo questa domanda ai costruttori, senza ottenere risposta, quindi, non volendo utilizzare un oggetto misterioso, per serietà professionale abbiamo fatto le prove necessarie per accertarlo. I risultati di queste prove, effettuate nella camera di prova del Politecnico di Torino alla fine degli anni ‘90, sono riassunti negli articoli sopra citati, reperibili nel blog di Progetto 2000.
Non abbiamo mai capito cosa ci sia da nascondere, ma qualche cosa c’è di sicuro se questo dato viene celato così gelosamente. Siamo d’accordo che il ripartitore non è uno strumento di misura, ma le sue “misure” vengono utilizzate per la ripartizione delle spese di riscaldamento in proporzione al consumo. Se le sue indicazioni non sono corrette si sbaglia a ripartire i costi e se invece sono corrette hanno un valore energetico, come dimostrato dalle prove sopra citate e da quanto illustrato nel più recente articolo: “Ancora sulla contabilizzazione indiretta - forse occorre superare i dogmi della norma UNI EN 834” - Progetto 2000 n. 50 - Giugno 2016.
Non sono strumenti di misura, ma si possono utilizzare perché non si vende energia, ma si ripartiscono costi noti. Questo è chiaro, ma la ripartizione dei costi non cambia, riconoscendo il valore energetico dell’unità di ripartizione. La differenza è che conoscendo questo dato si può verificare il bilancio termico ed avvedersi di eventuali errori grossolani.
Il documento in approvazione in sede CTI non chiede di trattare i ripartitori come misuratori in ogni caso, ma solo quando lo stato di occupazione (o di uso dell’impianto centrale) è sotto un valore minimo ed al fine di valutare al meglio il modesto consumo volontario, per ottenere per differenza il consumo involontario. Questa metodologia consente di ridurre al minimo l’errore sulla ripartizione che sarebbe, diversamente, fuori controllo.
E’ qui il caso di riferire dei problemi riscontrati dal collega ed amico per. ind. Angelo Parma, che da anni gestisce qualche decina di edifici e che trova difficoltà crescenti a far accettare la ripartizione delle spese effettuata attraverso i ripartitori, a causa di dati ritenuti incongruenti dai condomini. Pensando che queste difficoltà fossero da attribuirsi al notevole numero di appartamenti sfitti ed all’uso crescente di stufe a pellets e pompe di calore, Angelo Parma ha provato a ripetere i calcoli relativi alle diverse stagioni attribuendo un valore energetico all’unità di ripartizione, individuato attraverso misure, e determinando per differenza il calore involontario. Ne è emersa una situazione molto più coerente, tanto che, sottoposto il nuovo criterio, a due assemblee condominiali, queste ne hanno deliberato all’unanimità l’adozione in pochi minuti.
Angelo Parma è un tecnico capace. Le potenze sono state tutte determinate con cura con il metodo dimensionale con relativa attestazione ai condomini per cui non c’è nulla da nascondere e tutto funziona alla perfezione.
X LA MANCATA APPROVAZIONE DEL TESTO DELLA 10200 (doc. n. 027100176)
Nella votazione per corrispondenza del 26.06.2017, nonostante il 61% dei voti favorevoli, non è stato raggiunto il quorum richiesto per l’approvazione del progetto, data la “ferma opposizione” di alcuni costruttori di ripartitori.
Il progetto è stato quindi sottoposto alla Commissione Centrale Tecnica ed al Comitato di Presidenza del C.T.I. perché proponessero le modifiche necessarie, prima di una nuova inchiesta pubblica CTI.
Le decisioni del Consiglio di Presidenza del C.T.I.
In data 03.10.2017 il C.d.P. del C.T.I., esaminate tutte le circostanze pertinenti, ha ritenuto di segnalare al TC 271 l’esigenza di una serie di modifiche, di cui si riassumono le principali, che hanno conseguenze di particolare rilievo.
Punto 5.5. - 5° paragrafo, lettera a), 1° allinea.
Eliminare la 1° allinea “i fattori Kc e Kq devono sempre essere valutati ed inclusi nel fattore di valutazione globale, il fattore Kt deve essere invece incluso nei casi previsti al punto 8.4 della UNI EN 834.” e ripristinare la seguente frase:
“Come definito al punto 8.4 della UNI EN 834:2013, Kq deve sempre essere incluso nel fattore di valutazione globale. Kc e Kt devono essere invece inclusi in casi particolari. Ogni ripartitore dei costi di riscaldamento deve essere visibilmente contrassegnato con il fattore di valutazione Kq o con il fattore di valutazione globale K o con un fattore ad esso proporzionale, oppure questa informazione deve essere fornita in altra maniera chiaramente visibile.”
Conseguenze. Progettisti ed utilizzatori hanno presentato “ferma opposizione alla modifica”, perché non è garantita la dovuta trasparenza nei confronti degli utenti.
Punto 7.8.2.3 - 2° paragrafo, 2° allinea
Eliminare il 2° allinea a partire da “La valorizzazione dell’unità di ripartizione…” e la relativa formula e aggiornare conseguentemente il punto 7.8.2.3.
In altri termini, il C.d.P. chiede di cancellare le parti in grigio sottolineato:
“... In tale caso si ricorre ai seguenti metodi:
- la correzione del fattore fX,inv (frazione del consumo involontario) in funzione del fattore d’uso, ipotizzando che tra di essi intercorra una dipendenza sostanzialmente lineare:
fX,inv = 1 - [(1 - f*X,inv) / 0,8] × fX,uso [-] (35) - la valorizzazione dell’unità di ripartizione, determinando così il consumo volontario totale (QX,vol) come prodotto tra le unità di ripartizione totali ed il rispettivo valore energetico unitario (ed ottenendo così il consumo involontario totale, conseguentemente, per differenza):
QX,vol = qur × urtot [kWht] (36)
dove:
f*X,inv = frazione del consumo involontario a piena utilizzazione [-];
fX,uso = fattore d’uso dell’edificio [-];
qur = valore energetico dell’unità di ripartizione [kWht/ur];
urtot = unità di ripartizione totali [ur].
L’andamento della frazione fX,inv in funzione del fattore d’uso è rappresentato nella figura 6. Il metodo della correzione in base al fattore d’uso è applicabile con adeguata precisione per fattori d’uso non troppo bassi (≥ 0,3) mentre, in caso contrario, potrebbe risultare meno preciso. La valorizzazione dell’unità di ripartizione è invece sempre applicabile, purché sia noto il valore energetico da attribuire a quest’ultima. Tale valore può essere ricavato dal fabbricante, da prove sperimentali o dallo storico delle stagioni precedenti, eventualmente utilizzando il metodo fornito in appendice G. Il metodo della valorizzazione dell’unità di ripartizione è comunque da considerarsi utilizzabile in generale, indipendentemente dal fattore d’uso, purché si disponga del dato predetto. In caso entrambi i metodi non siano applicabili, la modalità di calcolo deve essere valutata in sede di progetto o ripartizione ...”
Conseguenze. Progettisti ed utilizzatori hanno presentato “ferma opposizione alla modifica”, perché non condividono il contrasto con la norma UNI EN 834 e perché con tale modifica rimane irrisolto uno dei principali problemi della contabilizzazione indiretta: quello delle case ad occupazione saltuaria o comunque ad uso limitato dell’impianto centrale.
Di fatto questa modifica preclude la possibilità di utilizzare i ripartitori nelle case per vacanze ed in quelle normalmente abitate che utilizzano oltre all’impianto centrale anche stufe o pompe di calore reversibili, per l’impossibilità di individuare il consumo energetico di ogni unità immobiliare, come prescritto dalla legislazione vigente. Viene rimesso alla responsabilità del progettista la valutazione di altre metodologie alternative (non individuate dal TC 271) in grado di rispettare le disposizioni di legge vigenti (1).
Questa limitazione, che restringe il campo di utilizzo sicuro ai soli contatori di calore diretti, durerà fino a quando sarà possibile superare questo “presunto contrasto” con la norma UNI EN 834, come già illustrato al precedente punto 9.
Nota (1). Si segnala, in mancanza di meglio, l’Appendice D.2. della norma UNI 10200-2005 (normativa) che, al punto D.2.1. fornisce un metodo e le condizioni per misurare il coefficiente di proporzionalità k fra unità di ripartizione e calore erogato. Si tratta di una norma superata, ma che molti progettisti hanno applicato per ben 8 anni.
Punto 8.5.2.
Riformulare la frase: “Nel caso le emissioni delle tubazioni non di pertinenza siano così rilevanti che il progettista ne ha già tenuto conto nel dimensionamento dei corpi scaldanti (radiatori più piccoli), la contabilizzazione indiretta è da ritenersi inapplicabile. In tale caso la spesa totale si ripartisce pertanto a millesimi, come indicato al punto 8.10.”, per esempio, con una frase del tipo: “E’ necessario prestare particolare attenzione nel caso le emissioni delle tubazioni non di pertinenza siano così rilevanti che il progettista ne abbia già tenuto conto nel dimensionamento dei corpi scaldanti (radiatori più piccoli).” Valutare inoltre se introdurre una frase che determini l’inapplicabilità della norma tecnica.
Conseguenze. Progettisti ed utilizzatori non condividono la valutazione della CCT. Per quanta attenzione si presti, nel caso segnalato si compirebbero errori gravi. La norma tecnica è applicabile ed ha proprio il compito di evitare che si compiano errori gravi.
Appendice C, punto C.1, ultimo paragrafo.
Eliminare il paragrafo: “Ai fini della contabilizzazione, il progettista per garantire un trattamento uniforme indipendentemente dalla sorgente del dato di potenza nominale, può valutare la potenza dei radiatori ad elementi tenendo conto della non linearità della potenza con il numero di elementi.” Verificare con la CT 254 la possibilità di avviare un approfondimento del metodo di calcolo della potenza dei corpi scaldanti di cui alla norma EN 442-2 al fine di verificare la problematica della variazione della potenza con il variare del numero di elementi.
Conseguenze. Progettisti ed utilizzatori non condividono la valutazione della CCT. La variazione dell’emissione al variare del numero degli elementi è cosa fisicamente ovvia. è d’altra parte già validata con la validazione del metodo dimensionale.
Appendice C, punto C.1, ultimo paragrafo.
Eliminare il paragrafo: “Inoltre i dati della potenza possono essere corretti in funzione del numero reale di elementi costituenti il corpo scaldante (tenuto conto che i dati ricavati in condizioni di prova si riferiscono ad un corpo scaldante di almeno dieci elementi o di potenza in un campo definito). A tal fine si applica la seguente procedura: ...”
Conseguenze. Vedi punto precedente.
Appendice C, punto C.6.
Eliminare il punto C6: “Per tubazioni di adduzione al corpo scaldante si intendono i tratti di tubazione posti a valle del punto di distacco dall’impianto condominiale. Tali tubazioni sono da considerarsi come parte integrante del corpo scaldante in quanto, essendo alimentate insieme con esso, ne condividono il medesimo destino. In particolare occorre considerare:
- in caso di impianti a distribuzione verticale o di impianti a distribuzione orizzontale sprovvisti di intercettazione di zona, le tubazioni di collegamento tra il corpo scaldante ed il montante;
- in caso di impianti a distribuzione orizzontale provvisti di intercettazione di zona, le tubazioni poste a valle di questi ultimi.
Un esempio di tubazioni di adduzione è riportato nella figura C.3.”
Conseguenze. L’eliminazione di questo punto preclude la possibilità di utilizzare i ripartitori per la contabilizzazione nei casi in cui le tubazioni di adduzione abbiano una certa rilevanza (certamente per impianti a collettori complanari ed impianti monotubo) per evidente contrasto con le disposizioni di legge. Solo la contabilizzazione diretta sarà quindi in grado di superare il problema.
XI CONSIDERAZIONI FINALI
A nostro avviso, il Comitato di Presidenza del CTI ha assunto un comportamento prudente nei confronti del “presunto contrasto con la uni EN 834” in considerazione anche della “ferma opposizione” manifestata su alcuni punti da alcuni costruttori di ripartitori. Non sappiano se le osservazioni dell’ANTA, condivise da diversi componenti del CT 271, possano indurre il Comitato di Presidenza a rivedere qualche posizione prima dell’avvio del documento alla nuova inchiesta pubblica.
Se questo non avvenisse e la norma fosse comunque approvata, il superamento dei “presunti contrasti” ancora presenti potrebbe avere tempi lunghi nel corso dei quali perdurerebbero le limitazioni segnalate.