Il metodo dimensionale per determinare la potenza termica dei corpi scaldanti
Alcuni eventi, decisioni e comportamenti ascrivibili ad organi del C.T.I. non condivisi, quali recenti decisioni della Commissione Centrale Tecnica, la volontà di “validare” il metodo dimensionale, ecc., fanno pensare che tale metodo, già illustrato nell’articolo “Il calcolo della potenza termica con il metodo dimensionale”, pubblicato su Progetto 2000 n. 48, non sia stato ancora ben compreso.
Lungi dal pensare che vi possa essere della malafede, vale la pena di aggiungere qualche ulteriore informazione che faciliti una migliore comprensione del suo fondamento sperimentale e scientifico.
1. I fondamenti del metodo dimensionale
Come già illustrato nell’articolo citato, l’E.CO.MA.R. (Ente Controllo Materiali di Riscaldamento) ha curato l’esecuzione presso il Politecnico di Torino di una quarta serie di prove, di grande precisione, su corpi scaldanti di vario tipo, seguita a precedenti tre serie, eseguite presso altrettante Università e risultate di precisione insufficiente per gli scopi che l’associazione si proponeva.
Nel corso di queste prove, eseguite secondo la norma UNI 6514-69 (potenza nominale corrispondente a Δt = 60 °C) si è potuto constatare fra l’altro che una piastra radiante in acciaio, liscia, di spessore trascurabile, ricoperta con vernice a base non metallica, che scambia calore per radiazione e convenzione naturale totalmente libera, emette, nelle condizioni di prova, 1.331,4 W/m2 (665,7 dalla faccia anteriore e 665,7 dalla faccia posteriore).
Fig. n. 1: piastra singola (1 m2 frontale)
La stessa piastra, realizzata però in alluminio pulito (grezzo, emissione radiante praticamente nulla), ha ridotto la sua emissione a soli 703,4 W/m2, (351,7 dalla faccia anteriore e 351,7 dalla faccia posteriore). Per differenza possiamo allora supporre che la superficie della piastra in acciaio verniciata emetta 314 W/m2 per radiazione e 351,7 W/m2 per convezione naturale.
Fig. n. 2: piastra singola in alluminio (1 m2 frontale)
La prova è stata ripetuta su una piastra radiante come la prima, ma a due ranghi. L’emissione termica nelle condizioni di prova previste dalla norma UNI 6514-69 è risultata di 2.122,8 W che, alla luce dei dati ricavati nelle prove precedenti, dovrebbe spiegarsi come segue:
Fig. n. 3: piastra a due ranghi (1 m2 frontale)
• Emissione delle facce A e B
(radiazione + convezione): 665,7 + 665,7 = 1.331,4 W
• Emissione delle facce C e D
(sola convezione): 351,7 + 351,7 = 703,4 W
• Emissione della fascia perimetrale
(solo radiazione): 0,28 m2 x 314 W/m2 = 88,0 W
Totale 2.122,8 W
La seconda prova conferma quindi due dati fondamentali che sono alla base del metodo dimensionale:
- nelle condizioni di prova nominali della norma UNI 6514-69 la superficie esterna di un corpo scaldante che veda l’ambiente circostante, emette per radiazione 314 W/m2;
- la superficie esterna di un corpo scaldante bagnata dal fluido termovettore e libera da cause che possano ostacolare i moti convettivi, emette 351,7 W/m2.
Molte prove ulteriori, opportunamente finalizzate hanno consentito di approfondire il problema, confermando i dati suddetti. Mentre la determinazione della potenza termica radiante si è rivelata subito di notevole semplicità essendo rappresentata da una emissione della superficie esterna del “pacco” che contiene il corpo scaldante di 314 W/m2, la determinazione della potenza convettiva è risultata più difficile. Lo scambio convettivo è infatti rappresentato da tutta la superficie a contatto con l’aria, con trasmittanze variabili a secondo che si tratti di superficie bagnata dal fluido termovettore o di superficie non bagnata (alette), a seconda che si tratti di superficie facilmente lambita dall’aria ambiente o di superficie posizionata all’interno di spazi angusti con moti convettivi ostacolati. Nel caso di alette è importante anche la conduttività del materiale.
E’ chiaro che il calcolo dello sviluppo di tali superfici e della rispettiva trasmittanza termica non è proponibile per le eccessive difficoltà e laboriosità.
Vagliando i dati di centinaia di prove termiche ed isolando la potenza convettiva, si è vista una certa correlazione della stessa con il volume del corpo scaldante. Probabilmente i costruttori, negli anni, avevano già cercato, ognuno per la propria tipologia, di ottenere il maggior scambio termico possibile per unità di volume. Correlando quindi le varie tipologie costruttive si è potuto ricavare la tabella dei coefficienti volumici C.
Fig. n. 4: tabella dei coefficienti C
Per geometrie più semplici, ove le superfici di scambio convettivo siano facilmente misurabili o calcolabili, è tuttavia possibile valutare le potenze a Δt = 60 °C in modo agevole; occorre però aggiungere alla tabella di fig. n. 4, qualche dato in più sullo scambio convettivo.
Qualche esempio di calcolo dell’emissione a Δt = 60 °C.
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