La contabilizzazione conforme alla norma UNI EN 834 risponde ai requisiti della direttiva 2012/27/UE?

La contabilizzazione conforme alla norma UNI EN 834 risponde ai requisiti della direttiva 2012/27/UE?

Alcuni costruttori di ripartitori contestano la norma UNI 10200, che ritengono non conforme alla norma UNI EN 834. Per questo motivo l’abbiamo esaminata a fondo.

PREMESSA

Alcuni anni orsono un collega termotecnico di provata esperienza, aveva sostenuto, in vari convegni, che i ripartitori di calore conformi alla norma UNI EN 834 non erano utilizzabili ai fini della contabilizzazione del calore. A sostegno della sua tesi citava il comma 11 dell’art. 4 del DPR 59/09, che prescriveva una precisione di misura del 5%.

Non abbiamo condiviso questa tesi, sostenendo che il citato comma 11 era evidentemente riferito alla sola contabilizzazione diretta, nella quale il progettista poteva influire, con le sue scelte (diametri, campi di lavoro, ecc.), sulla precisione di misura.

Nella contabilizzazione indiretta mediante ripartitori conformi alla norma UNI EN 834 la precisione era quella tipica del sistema ed il progettista non aveva modo di incidere sulla precisione di misura.

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In ogni caso, il citato comma 11 ha indotto il CTI a mettere in revisione la norma UNI 10200-2005, giudicata un po’ troppo semplificata e lacunosa per assolvere degnamente alle disposizioni di legge vigenti che definivano condizioni precise e che le assegnavano il ruolo di linea guida come di seguito specificato:

  • “Legge 10/91 - art. 26 - comma 5: ...sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore e per il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato...”
  • “DPR 59/09 - art. 4 - comma 11: Le apparecchiature installate ai sensi del comma 10 devono assicurare un errore di misura, nelle condizioni di utilizzo, inferiore a più o meno il 5%, con riferimento alle norme UNI in vigore. Anche per le modalità di contabilizzazione si fa riferimento alle vigenti norme e linee guida UNI”.

La revisione ha avuto lo scopo principale di assicurare alla contabilizzazione, tanto diretta (contatori di calore), che indiretta (ripartitori), la conformità alle disposizioni di legge sopra citate, che si concretizza nella seguente affermazione di principio (vedi UNI 10200 - punto 11 - Procedura di ripartizione della spesa):

“I risultati della ripartizione delle spese, se ottenuti con dispositivi che non sono in grado di misurare l’energia effettivamente assorbita dalle singole unità immobiliari, ma forniscono un certo numero di unità di ripartizione o scatti (contabilizzazione indiretta), non devono differire in modo significativo da quelli che potrebbero essere ottenuti con contatori di calore (contabilizzazione diretta)”.

Per assicurare la coerenza della norma con questa affermazione di principio, necessaria per assicurare anche alla contabilizzazione indiretta la conformità con le disposizioni di legge, il suo testo si è arricchito di perfezionamenti che hanno consentito l’uso dei ripartitori conformi alla UNI EN 834 ai fini della contabilizzazione del calore.

La revisione è stata portata a termine nel rispetto di tutte le regole previste dall’ente di unificazione e la nuova norma è stata pubblicata nel maggio 2013 come UNI 10200-2013.

Nel luglio 2014 è stato pubblicato il D.Lgs. 102 (Attuazione della Direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica) che, all’art. 9 - comma 5 - lettera d), recita:

“...per la corretta suddivisione delle spese connesse al consumo di calore per il riscaldamento degli appartamenti e delle aree comuni ....l’importo complessivo deve essere suddiviso in relazione agli effettivi prelievi volontari di energia termica utile e ai costi generali per la manutenzione dell’impianto, secondo quanto previsto dalla norma UNI 10200 e successivi aggiornamenti”.

In diversi punti, inoltre, il D.Lgs. richiede trasparenza nei confronti dell’utente e chiarezza nell’esposizione dei consumi, argomenti per i quali la norma UNI 10200-13 ha prestato la massima attenzione, precorrendo i contenuti del decreto.

Il suo uso obbligatorio prescritto dal D.Lgs. 102/2014 ha costituito, di fatto, un importante riconoscimento del lavoro svolto con diligenza dal gruppo di lavoro 803 del CTI, accolto con soddisfazione da tutti coloro che avevano trovato in tale norma, quale regola dell’arte, una guida importante per il proprio lavoro.

E’ parso pertanto sorprendente che proprio un gruppo di costruttori di ripartitori conformi alla norma UNI EN 834, a scoppio ritardato, in concomitanza con l’uscita del D.Lgs. 102/2014, abbiano contestato la norma UNI 10200 perché non conforme alla norma UNI EN 834.

Prima di entrare nel merito, occorre allora chiarire, in via preliminare, che la norma UNI EN 834, è una norma di prodotto, che fissa quindi, come tale, se pure in modo piuttosto approssimativo, i requisiti di questi prodotti, mentre la norma UNI 10200, persegue scopi ben diversi: stabilisce e descrive le regole per la ripartizione delle spese di riscaldamento e produzione di ACS, nel rispetto dei vincoli dettati dalla legislazione vigente ed in particolare del D.Lgs. 102/2014.

Sembra evidente che la contabilizzazione secondo EN 834, senza le precisazioni della UNI 10200 (potenze affidabili per corpi scaldanti di vecchia data, contributi delle tubazioni, in particolare negli impianti a collettori, ecc.), non sia in grado di rispondere ai vincoli della legislazione.

D’altra parte questi perfezionamenti erano stati introdotti proprio allo scopo di rendere utilizzabili i ripartitori per la contabilizzazione dei consumi di ogni singola unità abitativa.

Ciò premesso, non ci rimane che approfondire i termini della questione.

LA LEGGE, I RIPARTITORI E LA NORMA UNI EN 834

Il D.Lgs. 102/14 obbliga alla contabilizzazione e fatturazione individuale dei consumi. La soluzione preferita dalla legge è l’installazione di contatori di calore. Ciò presuppone l’esistenza di un impianto del tipo a zone, che corrisponda all’effettiva diposizione delle unità immobiliari. Nella maggior parte dei casi, invece, gli impianti centralizzati sono del tipo a colonne montanti. In questo caso la soluzione più comune è l’installazione di ripartitori conformi alla norma UNI EN 834. La Direttiva 2012/27/UE parla genericamente di “sistemi di ripartizione del calore”.

Vista l’importanza data dalla legge alla contabilizzazione e di conseguenza a questi prodotti e a questa norma, la domanda che sorge spontanea è: cosa c’è dentro i ripartitori e dentro la relativa norma, la UNI EN 834?

Diversi produttori sono sempre stati avari di informazioni per cui le caratteristiche dei ripartitori sono rimaste abbastanza misteriose per molti. Alcuni sono arrivati persino ad affermare che “non misurano energia”. Se fosse vera questa affermazione sarebbe la dimostrazione che non rispondono ai requisiti del D.Lgs. 102/14 in quanto il terzo livello ammesso in subordine a contatori di calore (prima scelta) e ripartitori (seconda scelta) sono “altri dispositivi purché misurino energia”. La capacità di misurare l’energia consumata dall’utenza è quindi caratteristica necessaria di un qualsivoglia sistema che voglia dirsi conforme ai requisiti del D.Lgs. 102/14.

Il principio di funzionamento del ripartitore è abbastanza intuitivo: la potenza erogata da un radiatore dipende dalla sua temperatura media e dalla sua dimensione (potenza nominale).

Il ripartitore, o meglio il suo sensore di temperatura del radiatore, viene fissato in un punto ove si presume si manifesti proprio la temperatura media del radiatore e la registra. Se “informiamo” il ripartitore della potenza nominale del radiatore, ecco che è in grado di misurare la potenza istantanea e quindi, con letture periodiche, accumulare l’energia erogata dal radiatore. Pur con le approssimazioni del caso, i ripartitori misurano l’energia emessa, anche se il risultato è espresso in “unità di ripartizione”. Fin qui sembra tutto chiaro.

E’ stata l’insistenza di alcuni costruttori nell’anteporre la norma UNI EN 834 alla norma UNI 10200 e alla Legge, a convincerci ad esaminare a fondo la norma UNI EN 834. Di seguito riportiamo ciò che vi ha trovato l’ing. Socal, in modo che ognuno possa farsi un’opinione precisa.

L’ALGORITMO DI CALCOLO

Per prima cosa, nella norma UNI EN 834, ci saremmo aspettati di trovare la definizione dell’algoritmo di conteggio da implementare nel ripartitore ovvero di un algoritmo di riferimento che il ripartitore debba in qualche modo approssimare. Questa ricerca è risultata vana: l’algoritmo di calcolo non è definito.

Le uniche indicazioni in merito si trovano nel primo capoverso del capitolo 4:

  1. “il ripartitore è un registratore dell’integrale della temperatura nel tempo” (cioè ∫Tdt);
  2. “il conteggio grezzo (Cg) è il valore approssimato dell’integrale nel tempo di una temperatura caratteristica della superficie che riscalda l’abitazione “… (Cg = ∫Tdt);
  3. …“oppure (il conteggio grezzo è …) l’integrale nel tempo della differenza fra la temperatura della superficie riscaldante e la temperatura della stanza” (Cg= ∫DTdt).

La fisica di funzionamento di un corpo scaldante è ben nota da molto tempo. Nelle definizioni 1 e 2 ci si dimentica che è una differenza di temperatura (quella fra il radiatore e l’aria ambiente) che deve essere integrata.

In tutte e tre le definizioni, ci si dimentica che l’emissione del calore non è lineare col salto termico ma è ben approssimata con una proporzione al salto termico elevato alla 1,3:

Q ≈ K x ∫(ΔT1,3dt)

Tenendo conto del rapporto fra il salto termico misurato ΔT e quello nominale ΔTN si ottiene l’equazione:

Q = PN x (ΔT/ΔTN)1,3dt

In quest’ultima equazione, se la potenza nominale PN è espressa in kW in corrispondenza al salto termico ΔTN ed il tempo t in ore, allora l’energia erogata Q è espressa in kWh.

Non ci risulta esistano modi diversi più semplici ed efficienti per generare numeri proporzionali alla potenza istantanea e quindi integrabili nel tempo per ottenere l’energia erogata da un corpo scaldante. Ogni altro algoritmo, che tratti i dati in modo diverso, deve quindi ritenersi quanto meno “strano”. Se poi qualcuno applicasse alla lettera uno degli algoritmi descritti a parole nella norma UNI EN 834 commetterebbe un errore evidente.

Nulla è specificato neanche in merito alla frequenza minima di conteggio. Si tratta di un dato importante per trasformare la teoria Q ≈ P x (ΔT/ΔTN) 1,3dt (calcolo infinitesimale) nel fatto pratico Q ≈ P x Σ (ΔT/ΔTN)1,3Dt, cioè per definire la minima risoluzione della somma che traduce in pratica l’integrale.

Non riusciamo a capire il motivo della mancata definizione dell’algoritmo di calcolo e dell’intervallo fra le letture. Tanto più che alcuni costruttori li dichiarano tranquillamente nella loro documentazione: Q ≈ PxΣ(ΔT/ΔTN)1,3Dt con intervalli fra le letture che sono dell’ordine di 2…4 minuti, come ci si poteva aspettare.

LA PROPORZIONALITÀ FRA UR ED ENERGIA EROGATA

La norma UNI EN 834, dice che i ripartitori producono numeri adimensionali (unità di ripartizione, UR) proporzionali al consumo.

Quando si chiede il fattore di proporzionalità X, espresso in kWh/UR, qualcuno ha persino risposto che non esiste perché non ci sarebbe alcuna proporzionalità.

Si tratta di un’affermazione grave che, se fosse vera, richiederebbe la messa al bando di questi dispositivi, come già detto.

E’ ben vero che la norma UNI EN 834 non dà alcuna prescrizione in merito al fattore di proporzionalità fra UR e kWh (purché minore di circa 1,2 kWh/UR) benché sia evidente che il ripartitore determini (o intenda determinare) un numero proporzionale all’energia erogata, pur con le inevitabili ed accettabili approssimazioni del caso.

Pur prendendo atto che le indicazioni dei ripartitori sono utilizzabili solo come unità di ripartizione, ma nella consapevolezza che, comunque, devono essere proporzionali all’energia erogata a prescindere dal tipo di radiatore e dalla sua modalità di funzionamento, che differenza c’è fra dichiarare o non dichiarare il fattore di proporzionalità, sia pure approssimato, fra UR e kWh?

Questa dichiarazione non ha alcun effetto sulla ripartizione ma, conoscendo l’algoritmo e l’unità di misura, si avrebbe modo di verificare la congruità delle indicazioni individuando eventuali anomalie macroscopiche ed errori di progettazione, montaggio o gestione del sistema.

Un’altra utilità non trascurabile sarebbe quella di poter determinare, se pure con qualche approssimazione, la quantità del prelievo volontario totale, con il quale ricavare per differenza dal consumo totale la spesa energetica involontaria. Si tratta della soluzione più logica (la migliore approssimazione) nel caso degli edifici poco abitati in cui il consumo involontario prevalga sul consumo volontario.

L’incertezza generata da questa “zona di mistero”, ha spinto Edilclima ad effettuare alcuni anni fa (nel 1990) una serie di prove sui ripartitori, condotte presso il Politecnico di Torino, prima di procedere con il loro utilizzo. Da queste prove, che hanno richiesto tempi lunghi e che furono limitate per tale ragione ad un solo modello di una sola marca, emerse, come prevedibile, che questo coefficiente esisteva ed era pari a circa 1,2 kWh/UR per quel modello di ripartitore.

La misura era ripetibile entro tolleranze sufficientemente ristrette (+4 / -5,5%) solo installando il ripartitore nel punto ove si manifesta la temperatura media del corpo scaldante, ad un’altezza pari a circa il 66% dell’altezza del radiatore che, per radiatori a convenzione naturale, è un punto fisso determinato da leggi fisiche.

Gli atti di queste campagne di misure sono disponibili a richiesta.

La mancata assicurazione di proporzionalità ha anche delle conseguenze per i consumatori: rende impossibile l’intercambiabilità dei prodotti. A questo proposito, in sede di discussione nel GL 803 del CTI, un costruttore ha sostenuto che l’intercambiabilità non sarebbe garantita neanche nell’ambito delle stesse marche e perfino modelli. Alla luce della norma UNI EN 834, dobbiamo purtroppo dargli ragione.

Questo fatto ci sembra però in contrasto con i diritti elementari del consumatore in quanto oltre a vincolare il committente ad un fornitore unico per l’intero sistema, lo espone alla mancanza di ricambi ed alla necessità di sostituire l’intero sistema in caso di guasti o di obsolescenza di alcuni ripartitori.

Trattandosi di dispositivi che, una volta installati, si dovrebbero utilizzare per un decennio prima di cambiarli, questo rappresenta un vincolo commerciale pesante.

Dalla lettura attenta della norma UNI EN 834 emerge però, a sorpresa, il punto 7.3:

“National regulations can require documentation of the relation between the counting rate and the thermal output  in accordance with A.6”.

La norma stessa ammette quindi che il fattore di proporzionalità esiste e che, a richiesta, questo possa e debba essere documentato.

Suggeriamo quindi al Ministero ed al CTI di sfruttare questa possibilità offerta dalla norma UNI EN 834, che darebbe qualche elemento di trasparenza in più sull’uso dei ripartitori.

I PARAMETRI DEI RIPARTITORI

La relazione fondamentale che troviamo nella norma UNI EN 834 è la seguente:

UR = Cg x Kq x Kc x Kt

cioè le “unità di ripartizione” sono date dal conteggio grezzo moltiplicato per tre parametri correttivi fondamentali:

  • Kq tiene conto della potenza nominale del radiatore;
  • Kc corregge la differenza di temperatura sentita dal ripartitore e la riporta al valore “vero”;
  • Kt si usa in caso di temperatura ambiente molto diversa da 20°C (tipicamente inferiore a 16 °C);
  • Cg è il conteggio grezzo che si ottiene senza tener conto dei tre fattori correttivi sopra elencati.

La norma UNI EN 834 prevede due modi di procedere:

  1. impostare i parametri Kq, Kc e Kt nel ripartitore: in questo modo compare direttamente sul display un numero proporzionale al consumo (cosiddetta “lettura in chiaro”);
  2. lasciare i parametri Kq, Kc e Kt impostati al valore 1,0. La lettura non corrisponde più alle UR, sul display compare il cosiddetto “conteggio grezzo” ed occorre moltiplicare il conteggio visualizzato per Kq, Kc e Kt prima di fare il conteggio della ripartizione dei costi.

Noi propendiamo per la programmazione dei ripartitori in modo che a display compaiano direttamente le UR, come prescrive la norma UNI 10200 attuale.

A parte i casi di alcuni ripartitori non programmabili per i quali ovviamente non c’è alternativa, su questo punto ci sono molte resistenze da parte di diversi fornitori del servizio di contabilizzazione che vogliono continuare ad usare i ripartitori  senza programmarli.

Qualunque sia la soluzione scelta, è però necessario ricordare che l’utente deve essere in grado di capire come è stato fatto il conteggio.

Come minimo quindi:

  • i vari fattori Kc, Kq (ed eventualmente Kt) devono comparire nel progetto e nell’archivio del sistema,
  • se si tiene conto dei fattori con una moltiplicazione a fine stagione, ciò deve essere esplicitato in ogni bollettazione (riportando separatamente i fattori Kc, Kq e Kt applicati) in modo che l’utente possa constatare come dalla lettura grezza visibile sul display si arrivi alle UR attribuite ed all’importo da pagare.

E’ necessario anche ricordare che l’applicazione di ulteriori fattori, che tengano conto dell’esposizione e delle dispersioni degli alloggi, non è prevista dalla norma UNI 10200 e contrasta con le prescrizioni del D.Lgs. 102/14 ove si fa riferimento alla ripartizione in base agli “effettivi prelievi volontari”.

LA POTENZA DEI RADIATORI ED IL PARAMETRO KQ

La potenza nominale del radiatore è un dato essenziale per “pesare” le indicazioni del ripartitore. La norma UNI EN 834 è molto laconica in merito. Fa riferimento alla potenza del radiatore determinata con un ΔT di 60 °C in una camera di prova non meglio specificata, oppure ai dati dichiarati dal costruttore secondo la norma UNI EN 442 con ΔT di 50 °C, previo loro riporto al ΔT di riferimento di base che, per la norma UNI EN 834, come pure per la norma UNI 10200, è di 60 °C. 

Al punto 8.1 si precisa che il fattore Kq deve essere determinato in base al radiatore realmente installato…meno male!

Di certo occorre individuare con cura la potenza nominale di ciascun corpo scaldante. La norma UNI 10200 integra la norma UNI EN 834 su questo aspetto, fornendo i dati di potenza dei più comuni radiatori italiani tipici, in uso nei decenni passati.

La norma UNI 10200 fornisce anche un interessantissimo metodo di verifica di plausibilità dei dati di potenza dei radiatori. Atteso che, dedotta la componente radiante, la maggior parte dei radiatori ha potenze volumiche comprese fra 15.000 e 30.000 W/m³, cosa direste di radiatori per cui risulti una potenza specifica di oltre 100.000 W/m³ o di meno di 2.000 W/m³?

II PARAMETRO Kc

Una ragione evidente di possibile imprecisione, è data dall’accoppiamento termico fra radiatore e ripartitore. E’ chiaro che il ripartitore, ovvero la sua sonda di alta temperatura, non è in contatto perfetto col radiatore.

Il ΔT misurato fra il radiatore e l’aria ambiente viene perciò corretto applicando un fattore moltiplicativo denominato Kc. Il ΔT da usare per il conteggio (quello “reale”) è quindi dato dal ΔT misurato moltiplicato per Kc.

Si osserva che il valore di Kc dipende notevolmente dalla tipologia di ripartitore:

  • i modelli a singolo sensore devono compensare solo la lettura della sonda di temperatura del radiatore. I valori di Kc vanno tipicamente da 1,0 (contatto perfetto) a circa 1,3;
  • nei modelli a doppio sensore si aggiunge l’errore dovuto al fatto che il sensore ambiente risente (spesso pesantemente) della temperatura del radiatore. In tal caso i valori di Kc sono spesso ben superiori a 2;
  • … ma se il ripartitore a doppio sensore viene installato a lato del radiatore posto nella nicchia, utilizzando la sonda a distanza, il Kc torna ad essere influenzato prevalentemente dal sensore caldo, quindi torna a 1,0…1,3 pur funzionando in modalità doppio sensore.

Dato il ripartitore, la sua ferramenta e l’altezza di installazione, per ogni radiatore occorrerà che il costruttore comunichi il valore di Kc, magari dopo averlo determinato in camera di prova, almeno per un certo numero di configurazioni e/o tipologie di radiatore di riferimento. Sembrerebbe una questione semplice, invece la norma UNI EN 834 si accartoccia un po’ attorno a questa questione.

Per l’uso del ripartitore basta la definizione di Kc: il rapporto fra ΔTeff  (“effettivo”)  e ΔTmis (misurato).

Ai fini delle prove dei ripartitori, la norma UNI EN 834 definisce invece il “fattore di accoppiamento” c  come:

c = 1 - ΔTmis/ΔTeff

Più propriamente, il fattore c dovrebbe essere chiamato “fattore di disaccoppiamento” fra ripartitore e radiatore in quanto c=0 vuol dire ΔTmis=ΔTeff quindi accoppiamento perfetto, mentre c=1 vuol dire che il ripartitore non misura proprio nulla.

La norma prescrive che il costruttore esegua la misura del fattore c per 7 radiatori tipo. Questi dati devono essere verificati da un laboratorio di prova. Solo il 3% dei valori aggiuntivi dichiarati per altri radiatori devono essere verificati a cura di un laboratorio terzo.

Il limite di accettabilità è stabilito come c <0,6, per i modelli a doppio sensore: ciò significa che è sufficiente che il ripartitore capti il 40% del salto termico reale.

Con ambiente a 20 °C e radiatore a 70 °C, basta che il sensore sul radiatore “senta” 65 °C ed il sensore “ambiente” può andare fino a 46 °C come indicato nella figura n. 1.

P2048 FS Socal fig. n. 1

Fig. n. 1: significato del fattore c per un radiatore a doppio sensore.

Questi valori ci fanno vedere come nell’applicazione dei ripartitori le incertezze derivino probabilmente più dal fattore Kc che dalla incerta determinazione della potenza nominale del radiatore (già possibile fonte di gravi errori). Questo aspetto dovrebbe essere preso in considerazione in un eventuale aggiornamento della norma UNI 10200, esplicitando la necessità di includere questo parametro nelle indicazioni progettuali e nell’archivio del sistema.

LEGAME DEBOLE FRA PROVE DEL FATTORE c e Kc

Un fatto che fa riflettere è la mancata esplicitazione del legame predefinito fra i risultati della determinazione del fattore c  ed i corrispondenti valori di Kc da utilizzare. Dalla definizione ci si aspetterebbe Kc = (1 / (1-c))1,3 poiché dalla definizione di c risulta ΔT = ΔTmis/(1-c) e UR = Kq x Kc x Cgrezzo.

L’unico collegamento fra la prova di c e Kc che abbiamo trovato nella norma UNI EN 834 si trova al punto 11.13. dove si chiede evidenza da parte del costruttore della “conoscenza ed utilizzo del fattore Kc”.

PROVA DI PRECISIONE

La norma UNI EN 834 prescrive la verifica della corretta lettura a display (§6.11, di fatto, verifica della precisione di misura o di conteggio, comunque la si voglia chiamare). Questa va fatta solo per c<0,1. Il dubbio è, che pur con caratteristiche di accoppiamento potenzialmente molto diverse, si faccia un test di lettura solo con situazioni favorevoli (c<0,1) e solo in modalità singolo sensore.

In tutta la norma si fa riferimento allo “scheduled counting rate” come riferimento per tutte le verifiche. Non siamo riusciti a trovare una definizione esplicita precisa di questo “ritmo di conteggio atteso”.

CONCLUSIONI

In teoria, i contenuti della norma UNI EN 834 si potrebbero riassumere così:

  • il ripartitore si posiziona in modo che il suo sensore si trovi dove si manifesta la temperatura media del radiatore;
  • dopo ciascun intervallo Δt si legge la temperatura del radiatore e la temperatura ambiente (quest’ultima è assunta pari a 20 °C in assenza di misura, nel caso di modelli a singolo sensore);
  • l’energia Qt erogata nell’intervallo Δt è data da Qt x Kq x Kc x (ΔTmis/ΔTrif)1,3;
  • Kq è la potenza nominale del radiatore con ΔT = ΔTrif, espressa in kW;
  • Kc è il rapporto fra ΔTmis (misurato) e ΔTeff (effettivo);
  • si sommano i contributi Qt misurati nel tempo.

Troppo semplice? La lettura della norma UNI EN 834 fa emergere dei contenuti che, a nostro avviso, appaiono vaghi e debolmente correlati fra loro.  Molto intricata risulta la serie di prove, dove si fatica a comprendere la logica e l’interconnessione delle stesse.

Non si vuole qui mettere in dubbio la buona fede dei costruttori di questi utili apparecchi. Non si capisce però la ragione di tanta opacità in una norma che potrebbe essere estremamente semplice e lineare.

Il suo livello qualitativo basso, ci porta a dubitare che i soli requisiti posti dalla norma UNI EN 834 siano davvero sufficienti a garantire una corretta contabilizzazione e che vada integrata con richieste aggiuntive. Ad esempio, verrebbe da dire che dovrebbero essere rese accessibili, a scopo di verifica, le temperature rilevate dai sensori (ambiente e radiatore) in modo che, in caso di dubbi, il Kc possa essere verificato ed eventualmente corretto a posteriori, per esempio rilevando la temperatura ambiente e quella superficiale del radiatore con un termometro ad infrarossi.

Non sarà una misura di precisione ma almeno consentirebbe di individuare errori grossolani.

In conclusione, stante l’obbligatorietà della contabilizzazione individuale dei consumi ed il fatto che la soluzione più comune per gli edifici dotati di impianti a colonne montanti sia l’uso di ripartitori UNI EN 834, si ritiene opportuno segnalare questi contenuti, a nostro avviso poco precisi, in modo che gli operatori ne siano consapevoli ed in sede normativa, se confermati, si chieda che la norma UNI EN 834 venga rivista in modo da adeguarla agli obiettivi di accuratezza e trasparenza richiesti dalla direttiva 2012/27/UE.

Nel frattempo, il rispetto della norma UNI 10200/13 e l’uso di ripartitori per i quali siano dichiarati gli algoritmi utilizzati, costituisce certamente una migliore garanzia per una ripartizione delle spese conforme alla legislazione vigente.

P2048 FS Socal box obblighi DLgs 102 14

Pubblicato il: 30/06/2015
Autore: L. Socal, F. Soma