Il nuovo metodo orario dinamico per il calcolo dei fabbisogni dell'involucro
1. L’ANTEFATTO, IL PRIMO PACCHETTO EPBD
La commissione europea nel 2002 emanò la prima versione della direttiva EPBD, la 2002/91/CE. Sarebbe stato logico aspettarsi che i requisiti europei fossero verificati con criteri di calcolo europei uniformi. A quel tempo era di uso comune in molti paesi europei la norma EN 832:1998 (poi evoluta nella EN ISO 13790:2004) e tutte le sue norme di supporto finalizzate al calcolo dei fabbisogni mensili per riscaldamento e raffrescamento dell’involucro edilizio (il QH;nd ed il QC;nd). Ogni paese aveva invece le proprie norme per il calcolo degli impianti e dell’energia primaria.
La direttiva 2002/91/CE, non potendo contare su norme EN che coprissero l’intero calcolo dell’edificio, si limitò ad elencare una serie di fattori di cui doveva tenere conto il calcolo della prestazione energetica. Parallelamente fu dato un “mandato” al CEN (con annesso finanziamento economico) per sviluppare un pacchetto di norme per l’applicazione della direttiva EPBD, cioè per il calcolo della prestazione energetica dell’edificio. Il risultato fu un pacchetto di oltre 40 norme, pubblicato fra il 2007 e il 2008, risultato inutilizzabile tal quale.
Anche per questo in Italia abbiamo mantenuto le nostre UNI-TS 11300 che si ispiravano comunque al pacchetto EPBD.
In realtà il “pacchetto EPBD” era già in parte applicato:
- la EN ISO 13790 ne faceva parte e la UNI-TS 11300-1 non fa altro che spiegare come utilizzare il metodo mensile della EN 13790;
- la UNI-TS 11300-2 era, in alcune parti, una copia delle norme EN sugli impianti di riscaldamento, in particolare per quanto riguarda le caldaie (EN 15316-4-1).
Il calcolo dei fabbisogni dell’involucro era già consolidato e sperimentato e nella EN ISO 13790:2008 compare già un metodo orario semplificato, che concentra la capacità termica della zona termica in un’unica capacità termica equivalente. Lasciavano invece parecchio a desiderare le norme del primo pacchetto EPBD relative alla ventilazione ed all’impianto di raffrescamento (principalmente la EN 15241:2008 e la EN 15242:2008). Ad onor del vero, non è che la UNI-TS 11300-3 sia molto meglio.
Le ragioni della scarsa qualità delle norme EN del primo pacchetto EPBD del 2008 è in parte comprensibile. Storicamente il primo calcolo termotecnico di routine fu il carico termico, che si fa dagli anni ’70. Successivamente si iniziò a fare il calcolo del fabbisogno per riscaldamento nel settore residenziale, ed anche su questa materia c’era esperienza (la norma EN-ISO 13790:2004 era ormai consolidata). Gli impianti di riscaldamento erano da tempo uno standard ed anche qui c’era esperienza.
Il calcolo degli impianti di ventilazione e raffrescamento non era invece prassi comune: senza esperienza, riunendo autori di paesi diversi e senza un deciso coordinamento fra gli autori delle varie norme, il risultato inevitabile è stato un primo pacchetto scoordinato e di qualità molto disuniforme. Questa situazione fu evidenziata nel corso del progetto CENSE (2008-2009), finanziato dalla Commissione Europea ed al quale partecipò direttamente anche la società Edilclima (1).
Il risultato del progetto CENSE fu una serie di pubblicazioni per illustrare l’uso possibile del pacchetto EPBD (tuttora disponibili sul sito www.iee-cense.eu) e una serie di raccomandazioni per il suo miglioramento. Il più importante era che le norme fossero rese non ambigue ed a prova di software. Lo sviluppo del software applicativo è infatti il momento della verità per le norme di calcolo; i linguaggi di programmazione non consentono l’uso di forme ed espressioni ambigue o “politiche”, una decisione si deve prendere, sempre.
2. LA RISCRITTURA DELLA DIRETTIVA EPBD ED IL SECONDO MANDATO AL CEN
Nel 2010 è stata pubblicata la direttiva 2010/31/UE che è la riscrittura della direttiva 2002/91/CE EPBD.
Anche a seguito dei risultati del progetto CENSE, la Commissione si preoccupò nuovamente della mancanza di metodi di calcolo comuni europei e decise di emettere un secondo mandato al CEN per rivedere tutte le norme del pacchetto EPBD. Il lavoro iniziò nel 2012 con una fase preliminare durata più di un anno. Si organizzò un gruppo di coordinamento, il CTL che svolse i seguenti compiti:
- progettò una struttura modulare delle norme;
- definì i contenuti delle norme. In particolare avrebbero dovuto includere un metodo dinamico orario completamente esplicito nella sua formulazione per poter essere utilizzato come base per la verifica dei requisiti di legge;
- stabilì dei requisiti e modelli comuni per tutti i documenti:
- ogni norma deve avere contenuti esclusivamente normativi;
- tutti i contenuti informativi devono essere posti in un rapporto tecnico integrativo;
- ogni norma deve essere collaudata singolarmente e dimostrata con un foglio di excel;
- ogni norma deve avere un modello (allegato A) per la specifica dei dati di calcolo necessari ed un insieme di dati applicativi di default per renderla utilizzabile anche in mancanza di specifiche nazionali (allegato B);
- pubblicò due CEN-TS guida (i principi base CEN-TS 10663 e le regole editoriali CEN-TS 10667) e dei modelli della norma, del rapporto tecnico, del foglio di calcolo ed una lista di controllo di qualità;
- pubblicò una prima revisione della EN 15603, norma quadro generale del calcolo della prestazione energetica dell’edificio.
Questa attività fu inquadrata nel CEN-PC 371 (Project Committee, organismo dedicato ad un compito specifico) poi stabilizzato come CEN-TC 371. Terminata la fase preparatoria, il CTL rimase attivo come gruppo di coordinamento della produzione delle norme e di raccordo con la Commissione Europea e con i rappresentanti dei governi dei paesi UE.
Dal 2013 al 2016 sono state riviste tutte le norme del pacchetto EPBD ed alcune sono state “promosse” a norme ISO. Ad esempio la EN 15603 è stata sostituita dalla EN ISO 52000-1, così come in precedenza la EN 832 era stata sostituita dalla EN ISO 13790. In contemporanea alla produzione delle norme da parte del CEN, un gruppo di lavoro dedicato (formato da esperti del CSTB e del TNO, il “software tool group”) ha fatto una verifica dei collegamenti fra le diverse norme.
All’inizio del 2017 il CEN ha finalmente approvato al voto formale tutto il pacchetto di norme a supporto dell’applicazione della direttiva EPBD. Una sola norma non ha passato il voto formale: quella che serve ad indicare le condizioni d’uso dell’edificio, la EN 16798-1. In questo periodo, dopo una breve revisione, è in corso di approvazione anche questa. Non si tratta comunque di una norma “bloccante” in quanto si limita a definire dati di ingresso dei calcoli che, naturalmente, possono essere forniti o adattati su base nazionale.
Contemporaneamente è in atto un passaggio progressivo di tutto il pacchetto di norme di calcolo della prestazione energetica dall’ambito CEN europeo all’ambito ISO mondiale, al quale è stata riservata la numerazione 52000.
Il passaggio nell’ambito ISO era già avvenuto per le norme relative al calcolo dei fabbisogni dell’involucro (ISO EN 13790, ora ISO EN 52016-1) ed è accaduto per la norma quadro EN 52000-1 nel corso della revisione del pacchetto EPBD e si estenderà in un prossimo futuro alle norme sui vari impianti.
3. IL RECEPIMENTO IN ITALIA
Poiché il nuovo pacchetto EPBD:
- è sicuramente più omogeneo e meglio organizzato del precedente;
- è citato dal D.Lgs. 192/2005 (così come modificato dalla la Legge 90/2013) che lo indica come riferimento (e il DM 26/06/2015 prevede la verifica di applicabilità del nuovo metodo orario);
- sarà citato nella prossima revisione della Direttiva EPBD (è imminente la pubblicazione),
il CTI sta procedendo al suo recepimento. Ciò significa produrre gli allegati B nazionali necessari alla sua applicazione e, in alcuni casi, predisporre moduli di calcolo per le parti mancanti o in sostituzione di moduli palesemente errati (ce ne sono ancora alcuni).
Il lavoro preparatorio da parte del CTI dovrebbe completarsi entro la fine del 2018 per poi rivedere nel 2019 le UNI-TS 11300, che potrebbero diventare delle istruzioni per l’uso, in Italia, delle norme del pacchetto EPBD. La strategia è quella di replicare per quanto possibile le UNI-TS 11300 laddove funzionano in maniera soddisfacente, in modo da avere le minime variazioni possibili.
Per la parte ventilazione e raffrescamento, è probabile che la UNI-TS 11300-3 venga abbandonata e sostituita dalla serie EN 16798.
Nell’ambito di questo recepimento, anche se è possibile che resti in vita il calcolo mensile dei fabbisogni per riscaldamento e raffrescamento (sempre presente nella EN ISO 52016 che ha sostituito la EN ISO 13790), è molto probabile che venga introdotto un metodo di calcolo dinamico su base oraria.
Il passaggio ad un metodo dinamico orario è necessario almeno per due motivi:
- il calcolo dei fabbisogni per raffrescamento non può prescindere da fenomeni dinamici su base oraria;
- il calcolo relativamente agli edifici del settore terziario non può prescindere dall’intermittenza e dai sistemi di controllo, i cui effetti non sono rappresentabili facilmente con medie mensili.
Di questo ci occuperemo nel seguito.
4. IL NUOVO METODO ORARIO DINAMICO PER IL CALCOLO DEI FABBISOGNI DELL’INVOLUCRO
Orario e dinamico
Questi due termini vengono troppo spesso usati a sproposito o confusi fra di loro.
Il termine “orario” si riferisce semplicemente alla durata dell’intervallo elementare di calcolo. Gli intervalli elementari di calcolo più comuni sono:
- annuale o stagionale: ormai abbandonato nei calcoli di prestazione energetica perché superato. In Italia non è mai stato utilizzato nei calcoli finalizzati alle verifiche di legge;
- mensile: è quello in uso correntemente nelle UNI-TS 11300 (sono intervalli definiti in base al calendario);
- orario: è quello che si intende introdurre con le nuove norme EN.
Il termine “dinamico” si riferisce, in contrapposizione all’aggettivo “stazionario” (qualcuno usa anche “quasi stazionario” o “statico”), alla presenza o meno di un collegamento, di una “memoria”, fra intervalli di calcolo consecutivi:
- nei metodi dinamici il calcolo in un intervallo elementare tiene conto dei risultati del calcolo dell’intervallo precedente (o di più intervalli precedenti, come il metodo Carrier);
- nei metodi stazionari il calcolo relativo ad ogni intervallo elementare è totalmente indipendente dagli altri; ad esempio, nel calcolo mensile attuale ciò che accade in gennaio non influenza in nessun modo il calcolo relativo al mese di febbraio.
Sono possibili tutte le combinazioni di questi aggettivi ed il passaggio previsto è da un metodo mensile stazionario ad un metodo orario dinamico.
La maggiore o minore complessità del modello di calcolo è indipendente da queste classificazioni: sono metodi orari dinamici sia Energy plus che il metodo orario semplificato presente nella EN 13790:2008. Ciò che li distingue è il livello di dettaglio dell’analisi del bilancio energetico dell’edificio.
I bin sono una variante speciale dei metodi stazionari. Si tratta di intervalli elementari di durata variabile che raggruppano segmenti temporali non consecutivi ma caratterizzati dagli stessi valori di una o più variabili caratteristiche. I bin costruiti in base ad intervalli di temperatura esterna sono l’esempio più tipico.
Sono utilizzati nella UNI-TS 11300-4 per le pompe di calore in connessione al metodo mensile (bin mensili) allo scopo di determinare la quota parte del fabbisogno che non può essere coperta dalla pompa di calore.
Poiché si tratta di aggregati di intervalli temporali elementari non consecutivi non è possibile costruirci sopra un metodo dinamico. Il calcolo per bin è solo un particolare metodo stazionario.
5. METODI DINAMICI PER IL CALCOLO DEL FABBISOGNO DELL’EDIFICIO NEL NUOVO PACCHETTO EPBD
Il calcolo del fabbisogno per riscaldamento e raffrescamento dell’involucro è descritto nelle norme ISO EN 52016-1 e ISO EN 52017-1, facenti parte della serie ISO 52000, che è stata riservata al calcolo della prestazione energetica degli edifici e si andrà popolando progressivamente.
Nella norma ISO EN 52017, come nella precedente EN 15265:2007, sono specificati solo i requisiti ed i criteri di validazione teorica di qualsiasi metodo di calcolo che voglia dirsi conforme alle norme ISO della serie ISO 52000.
Nella norma ISO EN 52016-1 sono descritti in dettaglio due metodi di calcolo:
- un metodo di calcolo mensile stazionario, che è l’evoluzione dell’analogo metodo già presente nella EN ISO 13790:2008 e correntemente in uso in Italia. Non potrà che essere questo il metodo mensile della prossima UNI-TS 11300-1 (se sarà ancora presente un metodo mensile). Differisce dal metodo attuale per:
- il trattamento dell’intermittenza (il nuovo metodo di calcolo dell’intermittenza mensile della EN ISO 52016-1 è già presente in EC 700 come opzione in modalità diagnosi);
- il trattamento dello scambio col terreno (nuova EN ISO 13370:2017);
- il calcolo degli scambi con i locali non riscaldati;
- perfezionamenti nel calcolo degli ombreggiamenti;
- altri dettagli relativi agli scambi per irraggiamento con la volta celeste;
- un metodo di calcolo orario dinamico “semplificato” che è l’evoluzione dell’analogo metodo già presente nella EN ISO 13790:2008 (non è utilizzato in Italia mentre è utilizzato regolarmente in Croazia). Sarà molto probabilmente questo il metodo orario della prossima UNI-TS 11300-1, se sarà presente un metodo orario dinamico. La differenza fondamentale rispetto al metodo orario dinamico già presente nella EN ISO 13790:2008 è che si tiene conto dell’accumulo del calore sia nell’aria che in alcuni strati di ciascuna struttura opaca delimitante la zona termica e non solo in una singola capacità termica equivalente della zona termica.
È opportuno sottolineare la continuità nell’evoluzione di queste norme di calcolo. L’autore principale delle ISO EN 52016-1 e ISO EN 52017-1 è lo stesso delle precedenti ISO EN 13790. Lo sviluppo del nuovo metodo orario semplificato è avvenuto partendo dai dati già disponibili per la descrizione dell’involucro edilizio. Il risultato è che dal punto di vista dell’utente, l’uso del metodo orario definito nella EN ISO 52016-1 non comporta complicazioni di input nella descrizione dell’edificio che rimane uguale.
Il metodo si può applicare anche conoscendo solo la trasmittanza e la capacità termica complessive delle strutture, basta specificare la posizione dell’isolante principale.
Ciò rende facilmente applicabile il nuovo metodo orario anche all’edificio di riferimento, aspetto piuttosto rilevante nel contesto italiano.
Il dubbio sulla permanenza di un metodo mensile è giustificato dal fatto che il metodo mensile e quello orario della nuova EN ISO 52016:2017 condividono di fatto la descrizione dell’edificio. Lo sforzo aggiuntivo richiesto all’utente per passare dal metodo mensile al metodo orario è trascurabile e non sembra giustificabile mantenere un doppio calcolo.
6. IL METODO ORARIO DINAMICO DELLA EN 52016-1 PER L’INVOLUCRO EDILIZIO
Zona termica ed elementi strutturali
Il metodo orario dinamico della EN ISO 52016-1 ragiona per “zone termiche” per le quali calcola simultaneamente i fabbisogni per riscaldamento o raffrescamento. Per ciascuna “zona termica” vengono presi in considerazione i seguenti elementi:
- l’aria ambiente della zona termica;
- le strutture opache che la delimitano verso l’esterno;
- le superfici trasparenti verso l’esterno.
Divisori interni ed altre pareti di tipo speciale (verso locali non riscaldati, vicini, ecc.) sono viste come casi particolari di strutture opache verso l’esterno.
L’aria ambiente interna della zona termica ha una sua temperatura ed una sua capacità termica. Quest’ultima include anche la capacità termica dei mobili e di altri oggetti a contatto diretto con l’aria ambiente. Si considera che la temperatura dell’aria sia uniforme nell’intera zona termica ma si differenzia da quella delle pareti e si effettua una valutazione della temperatura operante.
Questa impostazione non prevede la diversificazione delle temperature dei locali costituenti una zona termica. Se si deve tener conto di temperature diverse in locali diversi occorre, in alternativa, utilizzare una temperatura interna media per l’intera zona termica o suddividere l’edificio in più zone termiche in funzione delle temperature ambienti desiderate.
Le strutture opache non vengono rappresentate con la loro stratigrafia reale ma con tre strati convenzionali, tenendo conto della temperatura media di ciascuno strato (θ2, θ3 e θ4) e delle due temperature superficiali (θ1 e θ5) come indicato nella figura n. 1.
Fig. n. 1: Le principali tipologie di struttura opaca considerate dalla norma EN 52016-1
La trasmittanza e la capacità termica complessive della struttura sono ripartite fra i tre strati con i criteri riportati sempre in figura n. 1, in funzione della posizione dell’isolamento principale.
Si osserva che ciò che varia è la distribuzione della capacità termica, rappresentata nella figura n. 1 dalla zona tratteggiata. Poichè di regola i materiali coibenti hanno densità bassa mentre i materiali conduttivi hanno densità elevata, dire “l’isolamento sta all’esterno” equivale infatti a dire “la massa (e quindi la capacità termica) sta all’interno”.
Ciò consente di applicare il nuovo metodo orario anche senza conoscere la stratigrafia esatta, che può continuare ad essere utilizzata per calcolare i dati (U e capacità termica) della struttura complessiva. Grazie a questa impostazione, il metodo orario è facilmente applicabile anche all’edificio di riferimento. Basterà aggiungere alla specifica attuale il tipo di isolamento (presumibilmente dall’esterno) ed una capacità termica areica di riferimento.
Le strutture trasparenti vengono rappresentate con un singolo strato (quindi ci sono solo le due temperature superficiali) e si trascurano gli effetti dinamici (non è prevista capacità termica dei vetri).
Il bilancio termico
Lo stato dell’aria e delle strutture è descritto da una serie di “nodi”, cioè di posizioni di cui si calcola la temperatura ed alle quali si può attribuire una capacità termica:
- un nodo è dedicato all’aria interna della zona termica;
- per ogni struttura opaca verso l’esterno ci sono 5 nodi;
- per ogni struttura trasparente verso l’esterno ci sono 2 nodi.
L’ambiente esterno non è un nodo in quanto la sua temperatura è un dato di ingresso già noto. Nella figura n. 1 sono rappresentati i 5 nodi di una struttura opaca.
Gli scambi termici fra aria interna, strutture delimitanti la zona termica ed ambiente esterno, sono descritti in una serie di bilanci termici relativi ai nodi, con i quali si calcola la temperatura dei nodi stessi alla fine di ciascuna ora sulle base di:
- temperature dei nodi stessi all’inizio dell’ora;
- scambi termici fra i nodi;
- capacità termica dei nodi;
- iniezioni di potenza termica da parte dell’impianto e di altre sorgenti (apporti interni, irraggiamento solare, ecc.) in alcuni nodi.
Questo calcolo viene fatto costruendo un sistema di equazioni lineari con i seguenti bilanci termici.
- Bilancio termico dell’aria interna alla zona termica, che tiene conto di:
- scambi termici per convezione con i nodi superficiali di tutte le strutture delimitanti la zona termica;
- apporti interni;
- apporti solari diretti attraverso le superfici trasparenti;
- portata e temperatura dei flussi di aria entranti;
- parte convettiva della potenza iniettata dall’impianto di riscaldamento e/o raffrescamento;
- capacità termica dell’aria e dei mobili.
- Bilanci termici dei nodi superficiali delle strutture rivolti verso l’ambiente interno, che tengono conto di:
- scambi termici per convezione con l’aria interna;
- scambi termici per conduzione con il nodo interno della medesima struttura;
- scambi termici per irraggiamento con le altre superfici interne della zona termica;
- eventuale capacità termica collegata al nodo superficiale.
- Bilanci termici dei nodi interni alle strutture, che tengono conto di:
- scambi termici per conduzione con i nodi adiacenti nella medesima struttura;
- eventuale capacità termica collegata al nodo.
- Bilanci termici dei nodi superficiali delle strutture rivolti verso l’ambiente esterno, che tengono conto di:
- scambi termici convettivi con l’aria esterna;
- apporti solari;
- scambi termici per irraggiamento con la volta celeste.
L’insieme di questi bilanci produce un sistema di equazioni lineari che determina le temperature dei nodi al temine dell’ora corrente ovvero all’inizio dell’ora successiva.
Nella figura n. 2 sono riassunti i vari scambi termici di cui tiene conto il bilancio energetico.
Fig. n. 2: Illustrazione degli scambi termici di cui tiene conto il bilancio energetico di una zona termica (non sono mostrati tutti)
Per il calcolo degli scambi per irraggiamento fra le pareti interne sarebbero richiesti fattori di vista. Per semplicità si ipotizza che tutte le superfici interne vedano tutte le altre come se fossero disposte sulla faccia interna di una sfera. In questo modo si perde un po’ di precisione ma si semplifica enormemente l’input. Se si vuole tenere conto per forza del fatto che le stanze del piano primo non scambiano calore per irraggiamento con quelle del piano terra basta fare due zone termiche distinte.
Il calcolo dei fabbisogni
Se si pone uguale a zero la potenza iniettata dall’impianto, si ottiene l’evoluzione delle temperature dell’aria e delle strutture in assenza di impianti di riscaldamento e raffrescamento. Un esempio è riportato nella figura n. 3, ricavata con il metodo orario semplificato.
Fig. n. 3: Esempio di andamento della temperatura interna in assenza di riscaldamento e raffrescamento
Il calcolo dei fabbisogni per riscaldamento o raffrescamento si effettua determinando la potenza dell’impianto richiesta affinché alla fine dell’ora la temperatura dell’aria (oppure la temperatura operante, calcolata come media fra la temperatura dell’aria e la temperatura media delle superfici interne delle strutture che delimitano la zona termica) risultino uguali al set point desiderato, ad esempio 20 °C in riscaldamento e 26 °C in raffrescamento (vedi figura n. 4). Questo calcolo è semplice perché grazie ad una proprietà dei sistemi lineari, l’iniezione (o l’estrazione) di potenza termica, innalza (o riduce) le temperature finali in maniera lineare.
Fig. n. 4: Esempio di calcolo dei fabbisogni per riscaldamento con intermittenza e tenendo conto della potenza massima erogabile dall’impianto
Il calcolo del fabbisogno orario apre un nuovo scenario nell’analisi dei transitori. Nel caso del calcolo mensile non ha senso tenere conto della potenza massima erogabile dall’impianto e non ci si è mai posti il problema di verificare se la potenza installata dell’impianto fosse sufficiente per raggiungere la temperatura di comfort. Inoltre nelle simulazioni di intermittenza si ipotizza che la temperatura interna ritorni al valore di set istantaneamente al momento della riaccensione dell’impianto.
Il calcolo orario consente invece un’analisi più puntuale dei transitori e si deve fare una scelta:
- consentire qualunque potenza, cioè in ogni ora in cui si riaccende l’impianto si raggiunge senz’altro la temperatura di set-point desiderata al termine dell’ora. Questa modalità di calcolo potrebbe essere utilizzata per il calcolo del fabbisogno ideale dell’edificio;
- tenere conto di una potenza massima erogabile dall’impianto. In tal caso occorre tenere conto di tempi diversi per gli orari di comfort desiderato e gli orari di accensione dell’impianto. Se l’accensione dell’impianto non è sufficientemente anticipata si manifesteranno delle ore di discomfort di cui si dovrà tenere conto (vedi figura n. 5).
Fig. n. 5: Esempio di accensione tardiva: il set-point non è raggiunto all’inizio del periodo di occupazione per cui compare un intervallo di discomfort
Da un lato ciò consentirà di valorizzare scelte di regolazione sofisticate, dall’altro richiederà la definizione ed integrazione nel calcolo di algoritmi di regolazione il cui sviluppo sarebbe di competenza del TC 247.
Finora i rappresentanti del mondo dei BACS hanno detto che con la regolazione si possono fare molte belle cose ed hanno fatto lunghe liste di identificatori per catalogare le regolazioni possibili. Non sono stati però altrettanto attivi nel produrre i necessari algoritmi per tener conto degli effetti della regolazione nei calcoli di prestazione energetica.
È assolutamente vero che una corretta regolazione è essenziale per conseguire i bassi consumi calcolati in teoria. In generale le norme di calcolo sono ottimistiche, nel senso che si calcolano dei fabbisogni ipotizzando che tutto funzioni correttamente. In assenza di regolazioni adeguate i consumi aumentano inevitabilmente.
Sarebbe già un grande risultato non consumare più di quanto calcolato.
7. IL METODO ORARIO DINAMICO PER GLI IMPIANTI
Un’ora è un tempo relativamente lungo rispetto alla maggior parte delle dinamiche degli impianti di riscaldamento e raffrescamento. Fanno eccezione gli accumuli che sono l’unica parte del calcolo degli impianti di riscaldamento e raffrescamento che prevedono un calcolo dinamico esplicito.
Purtroppo il modello previsto nella norma EN 15316-5 ha alcuni problemi e deve essere corretto prima di poterlo utilizzare. Ciò è molto importante in quanto va collegato al calcolo del solare termico. Ci ritorneremo quando questo punto sarà risolto.
8. IL METODO ORARIO PER LA VENTILAZIONE ED IL RAFFRESCAMENTO
Nel caso degli impianti di ventilazione e raffrescamento il metodo orario consente di tenere conto, in maniera semplice, degli orari di funzionamento, della variabilità delle condizioni di occupazione e di quelle al contorno durante la giornata (temperatura esterna, affollamento, insolazione, ecc.).
Inoltre le nuove norme della serie EN 16798 fanno un calcolo analitico dei trattamenti dell’aria, tenendo conto esplicitamente delle scelte di regolazione, a differenza della correlazione molto generica contenuta nella attuale norma UNI-TS 11300-3.
Consentiranno quindi finalmente di evidenziare gli effetti delle scelte relative al sistema di trattamento dell’aria.
9. LA PRESENTAZIONE DEI DATI
Il metodo orario produce una gran mole di dati: è un potenziale pregio, ma anche un sicuro problema. Affinchè sia un pregio, occorre presentare i risultati in maniera sintetica ed utile per il dimensionamento e la verifica energetica degli edifici e degli impianti.
Una possibilità è quella di riaggregare i risultati di un mese, producendo un output molto simile a quello del metodo mensile in modo da poter anche effettuare un confronto.
Nella norma EN ISO 52016-1 è prevista anche la modalità di presentazione dei dati. Oltre alla tabella mensile è raccomandata la presentazione sotto forma di firma energetica, cioè di potenza richiesta in funzione della temperatura esterna.
Questa modalità è molto comoda per la principale verifica che occorrerebbe sempre fare a posteriori: quella fra consumi calcolati e misurati.
10. I PROBLEMI ANCORA DA RISOLVERE
I problemi ancora da risolvere ed in corso di studio in ambito CTI, sono già stati citati nei capitoli precedenti ma è opportuno riassumerli:
- definizione dei parametri nazionali nel formato previsto dall’allegato A di ciascuna norma;
- messa a punto di tutte le definizioni necessarie per l’uso del pacchetto di norme EPBD ai fini delle verifiche di legge e della produzione degli APE;
- uso della norma con l’edificio di riferimento;
- verifica e messa a punto di tutti i moduli necessari;
- verifica della corretta connessione dei moduli e della sequenza di calcolo complessiva.
11. I POSSIBILI USI DEL METODO ORARIO
L’introduzione di un calcolo orario che tenga conto di un po’ di dinamica dell’involucro edilizio e di alcune parti degli impianti è un notevole passo avanti nella complessità dei calcoli richiesti nelle attività di tutti i giorni e nelle verifiche di prestazione energetica ai fini di legge e produzione di APE.
Certamente ci sono già strumenti per eseguire calcoli dinamici su base oraria, come “Energy plus”, “Transys” e simili. Sono sicuramente molto dettagliati e “possono fare tutto”, ma proprio per questo sono anche di utilizzo difficile e pieno di insidie, come qualsiasi modello dettagliato.
Sono utili per gli esperti, per eseguire calcoli specifici per progetti rilevanti. Non sono invece strumenti adatti all’attività di tutti i giorni. Spesso vengono considerati addirittura come “la verità” pur essendo dei modelli.
Il progresso possibile è eseguire finalmente su larga scala dei calcoli di prestazione energetica credibili anche per gli impianti di raffrescamento e di ventilazione.
I nuovi metodi orari del pacchetto EPBD consentono di farlo, ma necessitano di una “messa a punto” finale, in corso in sede CTI e nell’ambito di alcuni progetti finanziati dalla comunità europea come il CEN-CE.
A parte le verifiche di legge e l’emissione di APE con valori più rappresentativi per gli edifici del terziario, il metodo orario può avere un’applicazione immediata in sede di diagnosi dei sistemi di ventilazione e di climatizzazione estiva.
Ad oggi, escludendo strumenti complessi come “Energy Plus” e “Transys”, non risultano esserci molti metodi codificati per un calcolo ragionevole del consumo energetico per ventilazione e climatizzazione estiva di un edificio.
La maggior parte dei software commerciali incorpora il calcolo della norma UNI-TS 11300-3, poco attendibile e indirizzato ad una singola tipologia impiantistica e ad altri metodi finalizzati al dimensionamento (Carrier, Pizzetti e simili).
Il nuovo metodo orario del pacchetto di norme EPBD potrebbe consentire una valutazione abbastanza veloce e rappresentativa dei consumi energetici per ventilazione e climatizzazione estiva in varie configurazioni impiantistiche per supportare una diagnosi.
Nel settore residenziale si sa già cosa fare, non occorrono calcoli, e molto si è fatto negli ultimi anni. È ora di attaccare il settore del terziario ma qui ci vogliono strumenti di calcolo attuali, come il nuovo pacchetto EPBD.
Ing. Laurent Socal
- Partecipante al progetto CENSE per conto di Edilclima.
- Membro del CTL, coautore delle CEN TS 16647 e CEN TS 16648 e dei modelli di norma EN, foglio di calcolo e check-list.
- Coordinatore dei gruppi di lavoro per la produzione delle norme EN 15378-1, EN 15378-3, EN 15316-4-8.
- Coautore delle norme ISO EN 52000-1, EN 15316-1 e dei relativi rapporti tecnici (ISO-TR 52000-2 e CEN-TR 15316-6-1) ed autore dei relativi fogli di calcolo di supporto.
- Partecipante al progetto CEN-CE.
(1) IL CONTRIBUTO DI EDILCLIMA
La prima serie di programmi di calcolo Edilclima, la serie EC 0, risale al 1979 e risolveva semplici problemi di termotecnica riguardanti l’isolamento termico degli edifici ed il calcolo degli impianti di riscaldamento. I calcoli, che seguivano le indicazioni della legge 373/76, erano eseguiti in termini di fabbisogno di potenza.
Solo alla fine degli anni ‘80 il TC 89 del CEN ha predisposto una bozza di norma per il calcolo delle dispersioni in termini di energia: quella che sarebbe poi diventata la norma UNI EN 832 e poi UNI EN 13790.
Con tale bozza, il TC 89, oltre a prevedere il calcolo dell’energia utile teorica dispersa dall’involucro (l’attuale Qh), definiva anche, in modo certamente innovativo, i quattro rendimenti dell’impianto. Si limitava però alle definizioni, in quanto il BT del CEN osservava che la materia non era di competenza del TC 89 (involucro), ma del TC 228 (impianti). Il TC 89 si è quindi fermato, ma il TC 228 non si è mosso, per diversi anni.
La Edilclima, grazie all’esperienza di prove di laboratorio sui componenti degli impianti del Per. Ind. F. Soma e delle notevoli capacità matematiche dell’Ing. R. Orlandini, titolari di Edilclima, ha tradotto le definizioni del TC 89 in formule e le ha implementate nei propri programmi, pubblicando, già nel 1992, la serie EC500 che consentiva, in anticipo sulla normativa, il calcolo dell’energia utile e primaria consumata dagli edifici. L’immediata verifica sul campo ha consentito la validazione dei calcoli che hanno potuto quindi costituire una base per i lavori normativi in corso.
Nel frattempo in Italia, nel 1991, è stata emanata la legge 10 che prevedeva, all’art. 30, la certificazione energetica degli edifici.
Il C.T.I. (Comitato Termotecnico Italiano), prevedendo che la stessa si dovesse basare sul fabbisogno di energia primaria, partendo dai lavori innovativi del TC 89, emanava in tempi abbastanza rapidi una serie di norme UNI, fra cui la UNI 10344 per il calcolo dell’energia utile dell’involucro e la UNI 10348 che, sviluppando le definizioni del TC 89 e le proposte di Edilclima, consentiva la determinazione dei quattro rendimenti che, applicati all’energia utile, permettevano il calcolo del fabbisogno di energia primaria.
Purtroppo la certificazione energetica, prevista dalla legge 10/91, non veniva regolamentata, ed i parametri previsti dalla norma UNI 10344 e dal DPR 412/93 per il calcolo del FEN non erano corretti: sovradimensionavano in modo inaccettabile il calcolo dell’energia, che finiva così per rappresentare un dato inutilizzabile.
Nel frattempo:
- il TC 89 approvava definitivamente la norma EN 832, in seguito recepita dall’UNI;
- la Comunità Europea emanava la Direttiva 2002/91/CE;
- il TC 228, sulla falsariga della norma UNI 10348, come proposto dalla delegazione italiana, metteva in lavorazione una serie di norme per il calcolo dei rendimenti.
In seguito a tali eventi, nel settembre 2003 il CTI, in anticipo rispetto al CEN, ma in perfetta armonia con quanto avveniva in Europa, rendeva disponibile la Raccomandazione CTI 3/03 che conteneva i dati nazionali per l’utilizzo della norma UNI EN 832 e della norma UNI 10348 ai fini della certificazione energetica degli edifici, che, tuttavia, non risultava ancora operativa.
Solo nel 2005 il D.Lgs. 192 recepiva la Direttiva 2002/91/CE fissando i limiti della prestazione energetica invernale EP per gli edifici di nuova costruzione, per la cui verifica si richiedeva un ben definito metodo di calcolo.
Da allora la normativa ed i programmi si sono notevolmente perfezionati consentendo una modellazione sempre più completa e particolareggiata degli edifici. Da sempre Edilclima, con continue verifiche sul campo, ha vigilato affinché la maggiore flessibilità dei programmi non influisse sulla precisione del calcolo dell’energia primaria. Questo compito è tuttora molto importante in vista del passaggio al metodo orario che, utilizzando molti nuovi dati, non può essere considerato preciso per definizione.